Berloni group, in fila per comprare

Almeno tre offerte di acquisto già sul tavolo. Il liquidatore accetterà proposte fino al quindici gennaio

Roberto Berloni e il presidente Chiu (Fotoprint)

Roberto Berloni e il presidente Chiu (Fotoprint)

Pesaro, 30 dicembre 2020 - Sono tre le manifestazioni di interesse per acquistare la Berloni group, ora in mano ad imprenditori di Taiwan intenzionati a sbarazzarsene. L’azienda, che contava fino a due settimane fa circa 80 dipendenti, è stata posta improvvisamente in liquidazione con nomina del commercialista Alessandro Meloncelli di Roma come liquidatore. Dunque, il futuro dell’azienda creata sessant’anni fa dai fratelli Marcello e Antonio Berloni si gioca da qui al quindici gennaio, termine ultimo per presentare richieste di acquisto. Non è chiaro anzi non si sa proprio il prezzo stabilito per la vendita dell’attività compreso il marchio e la fabbrica ma sicuramente terrà conto di un portafogli clienti sempre più esteso con negozi monomarca in varie parti d’Italia.

Un crescendo di ordini e di prospettive che è stato bruciato dalla decisione dei soci forti di liquidare tutto, senza possibilità di scelta. Tanto che Roberto Berloni, amministratore della società titolare dell’1 per cento delle quote, ha ritenuto di rendere noto con una lettera aperta ai giornali di sentirsi tradito dalla decisione dei soci di Taiwan, i quali non hanno tenuto conto degli sforzi di tutti, a partire dai dipendenti, per far risorgere il marchio e riconquistarsi fette di mercato. "Noi abbiamo investito dignità e cuore – ha scritto Berloni junior – registrando incrementi medi annui superiori al 20% con più di 50 nuovi rivenditori all’anno contabilizzando, a settembre 2019, un totale di quasi 500 rivenditori tra Italia (mercato principale) ed estero.

A marzo 2019, preso atto che le commesse asiatiche tardavano a maturare, insieme ad alcuni consulenti e ai manager dell’azienda, abbiamo iniziato una revisione dei costi in base al reale sviluppo dei mercati con un nuovo piano di gestione riducendo le perdite ad un terzo di quelle del primo quadrimestre. Con il costante incremento degli ordinativi e con una piccola ristrutturazione, anche senza le vendite del mercato cinese, avremmo ottenuto un’ulteriore riduzione, potendo raggiungere il breakeven point già a fine 2020. Detto questo qualcuno si farà la domanda che ci siamo fatti tutti: perchè allora questo epilogo?"

Intanto, nonostante i timori della vigilia vista la situazione di cassa, sono stati pagati gli stipendi di novembre. Per gli 85 dipendenti, non c’è stato lo stipendio di dicembre né tredicesima.