Il caso del veterinario Guerra. L’ambulatorio non può riaprire. Il Riesame ha confermato lo stop

Rigettata la richiesta della difesa di sospendere il sequestro, il medico dovrà continuare a visitare a domicilio i suoi pazienti a quattro zampe. Ma la difesa annuncia ancora battaglia.

Il caso del veterinario Guerra. L’ambulatorio non può riaprire. Il Riesame ha confermato lo stop

Il caso del veterinario Guerra. L’ambulatorio non può riaprire. Il Riesame ha confermato lo stop

Per ora niente ambulatorio. Il 50enne veterinario Mauro Guerra dovrà insomma continuare a visitare a domicilio i suoi paziente a quattro zampe. Il tribunale ha rigettato la richiesta di sospendere l’esecuzione del sequestro scattata il 29 settembre scorso. Questo in sintesi il ragionamento riportato nell’ordinanza a firma del giudice Cosimo Pedullà: la misura cautelare disposta a suo tempo dal gip e immediatamente esecutiva, è stata confermata dal Riesame con decisione "da ritenersi anch’essa dotata di efficacia esecutiva". Come dire che poco importa chi abbia dato l’ordine di andare a Sant’Antonio a mettere i sigilli: il sequestro andava eseguito e basta. E nemmeno l’attesa per l’udienza in Cassazione, fissata per fine gennaio, ne sospende l’efficacia.

L’avvocato Claudio Maruzzi ha già annunciato che nemmeno su questo fronte mollerà "di un millimetro". "L’ordinanza - ha precisato in una nota - conferma l’esecutività provvisoria del sequestro dell’ambulatorio secondo una complessa ricostruzione giuridica assai opinabile e che sarà motivo di ulteriore ricorso per cassazione". A suo avviso però "resta il mistero, a dir poco inquietante, che emerge dall’ordinanza stessa, su chi abbia dato l’ordine di eseguire il sequestro dell’ambulatorio del dottor Guerra il 29 settembre scorso, cui ha provveduto la polizia locale unitamente ai carabinieri, con un dispiegamento di uomini e mezzi davvero impressionante". Per il legale, questo è cioè un punto nodale della vicenda "visto che il tribunale afferma chiaramente che la competenza spetta al pubblico ministero, il quale ha invece negato in un precedente provvedimento, di averne ordinato l’esecuzione, affermando che sarebbe stato il tribunale ad ordinarlo".

Sulla questione, l’ordinanza del collegio, presieduto dal giudice Antonella Guidomei, ha sottolineato che "a nulla rileva che il tribunale del Riesame il 29 settembre non abbia dato alcuna disposizione sull’esecuzione del sequestro" trattandosi di "adempimento di pertinenza del pubblico ministero". Nemmeno "può assumere rilevanza quale sia l’autorità di polizia giudiziaria che concretamente abbia eseguito il provvedimento" dato che ciò "non inficia la validità del sequestro né della sua esecuzione". Come dire che andava fatto e basta.

L’atto che ha portato alla chiusura dell’ambulatorio, era scattato in ragione della decisione del Riesame - presieduto dal giudice Cecilia Calandra - di dare seguito a quanto già deciso dalla Cassazione nel novembre 2021: in quell’occasione la Suprema Corte aveva annullato l’ordinanza di dissequestro della struttura di via Pile decisa a Ravenna da un precedente riesame del 26 maggio 2021.

Dal punto di vista tecnico, si era cioè trattato del ripristino di un sequestro: perché la misura era stata disposta il 3 maggio 2021 attraverso un decreto emesso dal gip Andrea Galanti su richiesta del pm Marilù Gattelli. E, al netto del primo Riesame, era stata mantenuta per la sola stanza del miele. Il pm aveva allora fatto ricorso per Cassazione lamentando un’erronea applicazione della legge penale e ricordando che già il gip aveva motivato "ampiamente e approfonditamente", affrontando tutti i requisiti legati all’adeguatezza e alla proporzionalità della misura. Per quanto riguarda il nocciolo della vicenda, già il primo Riesame aveva precisato che l’accusa, così come formulata in prima battuta, reggeva su tutto.

Andrea Colombari