La ciclovia Adriatica. Il Tar ribalta il risultato della gara. L’appalto va al Cear

Il Consorzio era stato escluso per una interpretazione sui requisti. Poi era stato riammesso e aveva vinto ma in via provvisoria. Ora i giudici bolognesi hanno ribadito che aveva ragione.

La ciclovia Adriatica. Il Tar ribalta il risultato della gara. L’appalto va al Cear

La ciclovia Adriatica. Il Tar ribalta il risultato della gara. L’appalto va al Cear

Aveva ragione il consorzio Cear: il Comune di Ravenna non avrebbe dovuto estrometterlo dall’appalto per il primo lotto della ciclovia adriatica. Quello che corre dalla città romagnola fino a Porto Corsini e Lido di Classe. Valore: più di 8 milioni e 211 mila euro, tutti soldi del Pnrr.

Così ha deciso il Tar di Bologna annullando, come chiedeva il Cear (consorzio edili artigiani Ravenna), il provvedimento con cui il 12 settembre scorso il dirigente comunale del servizio ’appalti e contratti’ ne aveva confermato l’esclusione sulla base di una interpretazione delle norme che regolano i subappalti e i requisti necessari per le gare. I giudici bolognesi hanno inoltre condannato il Comune a pagare 3.000 euro di spese al Cear. Una decisione - si legge nella sentenza appena depositata - che si muove nel solco di quanto già l’11 ottobre scorso, ancora prima di tuffarsi nel merito delle cose, il Tar aveva stabilito: cioè di riammettere il Cear alla gara; così aveva fatto il Comune pur insistendo per il rigetto del ricorso.

Ma le tempistiche previste per i fondi Pnrr? Su quelle, nessun problema - hanno in buona sostanza fatto notare i giudici - perché la richiesta di ammissione alla gara, "non comporta pregiudizio per la prosecuzione della procedura d’appalto, ancora in corso". E anzi "la partecipazione del consorzio appare soddisfare l’interesse della stessa stazione appaltante", cioè il Comune, "al confronto concorrenziale". Tanto più se si pensa che il 6 novembre scorso il Cear aveva ottenuto l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto dall’apposita commissione. E che dunque ora la sentenza, non fa altro che avvallare il nuovo iter.

Quello vecchio si era chiuso con la vittoria di un altro consorzio (Fenix) non costituitosi nel giudizio. A volere essere pignoli, non c’era stata gara: perché il Cear era stato escluso ancora prima di parteciparvi; e Fenix era l’unico altro concorrente.

A questo punto è necessario entrare nella ragione tecnica che ha alimentato la singolare impasse amministrativa. Il Cear aveva indicato quale impresa esecutrice, una propria consorziata: Acmar, società specializzata anche nella realizzazione e nella manutenzione di infrastrutture stradali. Perfetta dunque per una ciclovia. E non solo di fatto ma pure sulla carta dato che ha la giusta certificazione per gli appalti (attestazione Soa) . Per il Comune però si trattava di un subappalto: e solo i consorzi stabili avrebbero potuto provare di possedere la qualificazione Soa tramite consorziati; ma in questo caso ci si trovava di fronte a consorzio di imprese artigiane che come tale avrebbe dovuto avere da sé tutti i requisiti necessari.

Assolutamente no - secondo il Cear - dato che contare su una propria consorziata, non è come dare in subappalto un lavoro. Regolamenti alla mano, anche le toghe felsinee hanno deciso in questa direzione: "E’ chiaro che - si legge nella sentenza - affidarsi alle proprie affiliate da parte del consorzio, non costituisce subappalto". Anzi, per un consorzio "la decisione su come affidare le categorie di lavori per i quali è privo delle necessarie qualificazioni, rientra nella sua nell’autonomia contrattuale e organizzativa". Il progetto ciclovia intanto prosegue, con sospiro di sollievo della commissione europea che vigilia sui fondi Pnrr.

Andrea Colombari