L’ex capitano e quelle indagini fantasma

Omicidio Minguzzi, l’allora comandante della compagnia carabinieri si defila: "Del caso si occupavano altri". Ma dagli atti non risulta

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Era lui il nuovo comandante della compagnia carabinieri di Ravenna, ma a proprio dire non svolse indagini sull’omicidio del militare di leva Pier Paolo Minguzzi, il 21enne di Alfonsine rapito e ucciso nel 1987. Diversi atti portano la sua firma, eppure sostiene che dietro intercettazioni e altre attività c’era un maresciallo suo subalterno, oppure il Reparto operativo, ufficio superiore in materia di investigazioni. Una testimonianza, quella dell’ex capitano Vincenzo Tallarico, più volte ammonito a "dire la verità", che ieri ha irritato la Corte d’assise presieduta da Michele Leoni, giudice a latere Federica Lipovscek. Incalzato dal Pm Marilù Gattelli, Tallarico ha ricordato di essere arrivato a Ravenna il 16 dicembre 1987, dunque a delitto già accaduto e con indagini già avviate dal predecessore, quel capitano Rocco, salernitano, che finora si è sempre sottratto al processo adducendo gravi problemi di salute, sebbene sia stato visto più volte a Bologna: i giudici hanno imposto una visita fiscale per accertare questo presunto impedimento, e comunque sarà sentito in videoconferenza.

Il successore Tallarico ha ricordato di avere firmato richieste di intercettazioni alla Procura, non a carico degli attuali imputati – gli ex carabinieri Tasca e Del Dotto, e l’idraulico Tarroni –, ma per controllare il mitomane Alex, al secolo Enrico Cervellati, confidente dell’allora fidanzata di Minguzzi, Sabrina Ravaglia, del quale l’avvocato Luca Silenzi, difensore di Angelo Del Dotto, ieri ha prodotto un biglietto dal contenuto inquietante: "Stai rischiando grosso Sabrina, mi raccomando stai zitta. Sono innocente, ricordalo". Quelle intercettazioni, durate più di un anno, non portarono a nulla, anche perché l’ex comandante annotava “sono emersi elementi utili”, salvo non specificarli. Non solo. Tallarico prese servizio in concomitanza col tentato sequestro Contarini, in cui perse la vita un giovane carabiniere nello scontro a fuoco con gli attuali imputati. "Avevate pensato di mettere in relazione i due episodi?", domanda il presidente della Corte. "Non avevamo elementi, ma qualcuno l’avrà pensato, nella sfera del pensiero personale", risponde l’ex ufficiale. Il giudice: "E non pensò di parlare col Reparto operativo? Due omicidi, e a voi non interessava? È sicuro di quello che dice?". "La compagnia aveva poco personale, se ne occupava il Reparto operativo. Noi (la compagnia) ci siamo occupati solo di Alex", la risposta insistita del testimone. Eppure al Pm non risultano indagini svolte dal Reparto operativo, o se furono fatte i fascicoli sono spariti. Alla domanda di quali tipo di indagine svolse il Reparto operativo, la risposta del teste è "non so, non ricordo". Ripetute volte l’ex capitano Tallarico ha fatto il nome del maresciallo Bargelletti come il solo coinvolto attivamente nell’indagine sull’omicidio Minguzzi.

La sua incerta testimonianza ha irritato anche la madre delle vittima, Rosanna Liverani, che da 34 anni chiede giustizia: "Il maresciallo Bargelletti mi diceva che avrebbe fatto di tutto per scoprire chi aveva fatto del male a Pierpaolo. In uno dei nostri colloqui mi disse che lui ce la metteva tutta, ma nella caserma trovava degli ostacoli. Poi morì d’infarto, la moglie mi scrisse un biglietto scrivendo che il marito non avrebbe più potuto mantenere la parola data, l’ho conservato. Oggi ho sentito una persona che doveva indagare, e invece o non era all’altezza, oppure aveva ragione Bargelletti a dire che c’erano resistenze". Intanto la perizia fonica sulla telefonata estorsiva alla famiglia Minguzzi, attribuita all’imputato siciliano Tasca, ossia la prova regina, richiederà almeno altri due mesi. I tempi per arrivare alla sentenza si allungano.

Lorenzo Priviato