Ricoverato, Lorenzo Savini si laurea in ospedale a Forlì

Il 24enne ravennate: "Dedico questo traguardo a mia mamma che non c’è più. Non bisogna mai arrendersi"

Lorenzo Savini con il personale ospedaliero e il padre

Lorenzo Savini con il personale ospedaliero e il padre

Ravenna, 6 dicembre 2020 - 'Ciao mamma, questo è per te. È stato un percorso lungo e con qualche sfida da affrontare, ma ci siamo riusciti! E poi diciamocelo ...chi si è mai laureato in ospedale? Non si molla mai’. Una dedica speciale, alla mamma scomparsa due anni fa, in un giorno che speciale lo è per tutti ma, per Lorenzo Savini, lo è stato un po’ di più. Ventiquattro anni, di Ravenna, dal 10 novembre Lorenzo è ricoverato all’ospedale Morgagni di Forlì dopo che questa estate gli è stato diagnosticato un tumore al femore. Ma Lorenzo, iscritto alla facoltà di Giurisprudenza di Bologna, si doveva anche laureare e così, grazie anche al supporto dei medici e degli infermieri "che non smetterò mai e poi mai di ringraziare" dice, venerdì da una stanzina di Ortopedia al sesto piano del Morgagni, tra stampelle e medicinali, ha discusso la tesi e coronato un sogno.  

Lorenzo, partiamo dal ricovero. Come ha scoperto la malattia? "Quest’estate ho cominciato ad avvertire forti dolori a una gamba. Non riuscivo più a contrarre il quadricipite, così sono cominciate le visite da alcuni medici e dal primario Casadei. Mi hanno diagnosticato un tumore, non si sapeva se benigno o meno, che andava asportato". Quindi il ricovero e l’operazione a Forlì. "Sì, e per fortuna dall’esame istologico effettuato dopo l’operazione abbiamo scoperto che era benigno. Ma l’operazione è stata molto complessa, è stato necessario tagliare il tendine del quadricipite e ne ho dovuta subire una seconda. Per questo i tempi si sono allungati e anche se non l’avrei mai pensato, è arrivata anche la data della laurea. E io ero qui in ospedale". Cosa ha pensato quando ha capito che sarebbe stato in ospedale per quella data? Di mollare? "No, no, ma devo dire che mi sono sentito per un attimo molto confuso, ho avuto un momento di crisi. Con tutte le sfortune di questo anno ho pensato che ci mancava anche questa. Ma è stata una crisi passeggera: mi sono subito fatto forza e ho pensato che era il momento di tirare fuori la grinta e non lasciarmi abbattere". E nei giorni a ridosso della laurea ha studiato in ospedale? "Sì, e tutto il personale si è dimostrato disponibilissimo. Riuscivo a studiare il pomeriggio e la sera nella stanzina dei fisioterapisti, al computer. Anche dall’università si sono dimostrati gentili e comprensivi. Tutto questo mi ha dato molta forza". In questo periodo, inoltre, con le misure anti-Covid, lei era sempre solo in ospedale? "Veniva mio padre, una volta al giorno per mezz’ora, da Ravenna. Mia madre è scomparsa due anni fa per una malattia, lui mi è stato sempre vicino". E arriviamo al giorno della laurea. È stata concessa una piccola deroga a suo padre e alla sua ragazza per poter essere presenti (con tutte le protezioni). Come è andata? "Mi sono collegato dalla stanza dell’ospedale, alle 14,30 è cominciata la discussione della tesi sulle Concessioni demaniali portuali. Ero un po’ spaesato, per il luogo ma anche perché mi rendevo conto che tra le tante difficoltà stavo raggiungendo un traguardo. Ed è andata benissimo!". Non c’erano gli amici di sempre ma dei nuovi amici speciali, i medici e gli infermieri? "Sì, quando sono uscito dalla stanza erano lì ed erano quasi più felici di me che ancora stentavo a realizzare di avercela fatta. Ho festeggiato con loro, è stato molto bello". In questo anno così difficile per tutti il suo è un esempio di coraggio, e di speranza. "Io ho perso la mamma due anni fa e ho pensato a tutte quelle persone che in questo 2020 hanno perso un loro affetto in situazioni terribili, senza nemmeno poterlo salutare, senza poter dare un ultimo abbraccio. Per me questo è stato un anno di riscatto. Ho provato sulla mia pelle il dolore e lo sconforto ma anche una esperienza bellissima di cui gioire, con le persone che mi vogliono bene".