
Sono accusate di aver fornito a strutture sanitarie italiane, nel pieno della prima ondata Covid-19, mascherine e tute protettive accompagnate da certificazioni false o non idonee: per questo a due aziende di Faenza, la Klinicom e la Comitek Hospital Products, la Guardia di finanza di Ravenna, su delega della Procura europea (Eppo), sede di Bologna, il 5 agosto scorso ha sequestrato beni per oltre un milione di euro. Il sequestro preventivo è stato eseguito venerdì scorso su decreto emesso dal Gip di Bologna, su beni del valore di 1,1 milioni: 640mila euro più un immobile commerciale e un appartamento di proprietà dell’amministratore per 504mila euro.
Le due aziende, operanti nel settore delle forniture medicali, sono sospettate di truffa aggravata ai danni di diverse strutture sanitarie e ospedali di Piemonte, Valle d’Aosta e Sicilia a cui, durante la prima fase dell’emergenza pandemica, tra aprile e novembre 2020, avrebbero fornito 24.500 mascherine Ffp2, 13.980 mascherine Ffp3 e 70.260 tute protettive, tutte accompagnate da certificazione di sicurezza falsificate ovvero rilasciate da enti non abilitati. Il provvedimento è stato adottato sulla base degli accertamenti svolti dai militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Ravenna, i quali, nell’ambito di una più articolata indagine riguardante l’illecita importazione in contrabbando di Dpi dalla Cina, avevano già acquisito numerosi riscontri circa una possibile frode commessa dalle aziende investigate nei confronti dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma che, all’inizio della pandemia, svolgeva il ruolo di centrale di acquisto per l’intera struttura sanitaria dell’Emilia-Romagna, a cui avevano fornito ben 1,4 milioni di mascherine FFP2 prive di idonea certificazione. In base alle indagini, analoghe condotte sarebbero state commesse o anche solo tentate nei confronti di altre aziende sanitarie e ospedali. In alcuni casi i dispositivi venivano accompagnati da certificazioni falsificate e disconosciute dagli stessi enti certificatori, e in altri presentata una certificazione inidonea rilasciata da un ente non abilitato. L’asserita conformità e la capacità protettiva dei dispositivi sarebbe stata anche oggetto di contestazione e di lamentele da parte degli stessi operatori sanitari che le utilizzavano e quindi dei responsabili della sicurezza che ne hanno chiesto il ritiro e la sospensione della fornitura in essere.
La Klinicom era già finita nel mirino della Fiamme gialle lo scorso autunno, quando nell’ambito della stessa inchiesta subì il sequestro sequestro preventivo di beni per oltre 11 milioni e di tre milioni e mezzo di mascherine.
Come allora le due aziende, attraverso il proprio legale, avvocato Vittorio Manes, ricordano che "operano da 30 anni nel settore delle forniture ospedaliere, di on avere mai avuto problemi e di avere agito in buona fede", ricordando di essere state indotte in errore da tali certificazioni, di avere provveduto a sostituire le mascherine non conformi con altri dispositivi e che, prima del sequestro, aveva avviato azioni legali nei riguardi del fornitore cinese. "Le aziende hanno sempre confidato nella assoluta regolarità dei dispositivi di protezione individuale acquistati in Cina – precisa il legale – e sono certe di poterlo dimostrare nel corso del procedimento la buona fede e la trasparenza con le quali hanno agito".