"Non serve più la forza fisica Si lavora molto con la tecnologia"

Nicola Servadei: "Non si tratta di impieghi stagionali perch in molti casi sono garantiti dieci mesi all’anno"

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Mancano pochi giorni alla raccolta di albicocche, pesche e susine, e l’annata sembra promettere bene dal punto di vista della produzione. La nota dolente arriva però dalla manodopera, ossia dalla carenza di operai agricoli nel momento clou dell’anno. A parlarne è Nicola Servadei, presidente dei frutticoltori di Confagricoltura Ravenna, titolare dell’omonima un’azienda nel Faentino.

Servadei, a livello regionale la stima è di almeno il 30 per cento in meno di manodopera. Com’è la situazione a Ravenna?

"Simile ma non così critica, abbasserei la stima al 20 per cento, che comunque non è poco. C’è poi da dire che la carenza non riguarda solo gli operai per la raccolta ma anche quelli specializzati, in grado di guidare trattori e di utilizzare centraline e macchinari specifici visto che oggi la tecnologia è molto più presente in agricoltura rispetto al passato".

Cosa è stato fatto per risolvere questo annoso problema? "Già da tempo ci siamo attivati con altre associazioni del volontariato, avvicinandoci al cosiddetto terzo settore, in modo da far sapere a chi è alla ricerca di lavoro che sul territorio ci sono aziende che assumono. Abbiamo anche sperimentato una sinergia con gli uffici del lavoro ma non ha funzionato. I maggiori contatti ci sono pervenuti da Caritas".

Come si spiega questa difficoltà nel reperire personale?

"Forse scontiamo la cattiva nomea del mondo dell’agricoltura. Ma oggi molte cose sono cambiate e non è vero che ricerchiamo solo uomini giovani e forti, perché i lavori di fatica ormai non esistono più grazie al progresso tecnologico".

Quali requisiti sono richiesti? "Cerchiamo persone in grado di relazionarsi con gli altri, in un contesto quasi sempre multiculturale e dotate di una buona resilienza a livello fisico. Più che altro serve avere una predisposizione per il lavoro all’aperto, deve piacere, ma non è una questione di forza".

Spesso si tende ad associare in lavoro in campagna alla precarietà…

"Non è più così. Nella nostra provincia le aziende riescono a garantire lavoro per almeno 10 mesi all’anno. Quindi non si tratta più del classico lavoro stagionale, c’è una base di maggiore stabilità. Stabilità che è apprezzata anche dal dato di lavoro che teme i turn-over con persone sprovvedute".

Avete fatto anche corsi di formazione per personale ad alto rischio di caporalato e sfruttamento del lavoro. Può parlarne?

"La parte teorica del corso è stata tenuta dalla Cgil per far conoscere i diritti, mentre la parte pratica è avvenuta sul campo, in collaborazione con Diagrammi Nord, per imparare le pratiche di potatura e le norme di sicurezza da rispettare".

E per il personale specializzato, cos’è successo?

"Fino a poco tempo fa eravamo riusciti a ‘fidelizzare’ molti lavoratori dell’Est Europa, che erano stati adeguatamente formati. Poi con la pandemia, c’è chi è rientrato definitivamente nel proprio Paese. Ora dobbiamo ricominciare a formare nuovi dipendenti, soprattutto i più giovani che sono maggiormente ricettivi in materia di tecnologia". ro.be.