Omicidio Cervia, uccise il padre ma la perizia 'scagiona' il ragazzino di 14 anni

Il consulente Ariatti: "Era incapace di intendere e di volere in quel momento"

FERMATO A fermare il 14enne, qualche ora dopo la tragedia, erano stati i carabinieri

FERMATO A fermare il 14enne, qualche ora dopo la tragedia, erano stati i carabinieri

Cervia (Ravenna), 6 giugno 2019 - Deve rispondere dell’omicidio volontario pluriaggravato del padre. Una chiusura d’indagine con un giudizio immediato quella decisa per il 14enne che nella notte del 3 gennaio scorso, durante un gioco, accoltellò a morte il genitore ultracinquantenne nel loro appartamento di Cervia. L’esito del procedimento, dovrà però fare i conti con un preciso dato medico: la perizia affidata allo psichiatra bolognese Renato Ariatti, ha infatti stabilito che il ragazzino era incapace d’intendere e volere al momento dell’accaduto. Appare dunque tracciato l’esito del processo che per rito abbreviato – come chiesto dall’avvocato difensore Sandra Vannucci – verrà celebrato a metà luglio. In quella sede, i giudici del tribunale dei Minorenni di Bologna, si porranno semmai interrogativi sulla eventuale pericolosità sociale del giovale il quale continua a rimanere nella idonea struttura in cui era stato portato dopo l’accaduto.

Da tempo il ragazzino risultava segnato da disturbi psichici tanto da essere seguito da un medico. Nonostante ciò, secondo chi lo conosce, non era mai stato in passato aggressivo o pericoloso. Il suo stesso racconto al pm Emiliano Arcelli – giunto quella notte apposta a Cervia per interrogarlo –, tra frasi frammentate e sguardi verso il soffitto, aveva dato conto del suo disagio personale. Versioni contraddittorie le sue, sospese tra gesto involontario e istintivo e al tempo stesso di autodifesa.

Probabile insomma che non avesse affatto inteso che il padre, per scherzo, nell’ambito di un normale gioco domestico stava impugnando quella mazza da baseball, peraltro giocattolo, regalatagli giusto il giorno prima. E così verso le 22.10 di quella notte, un giovedì, con un gesto che aveva magari visto fare in uno dei film sui ninja giapponesi, aveva impugnato un coltello da cucina. Una lama di 12 centimetri e mezzo, di quelle da bistecca insomma: e poi aveva menato un unico fendente al petto. Tanto era bastato per ferire il padre a morte e proprio sotto agli occhi della madre, seduta sul divano pochi metri più in là. L’uomo era deceduto nel corso della notte giungendo ormai privo di vita al Bufalini di Cesena (l’avvenuto decesso era stato stato accertato all’1.50).

Davanti agli inquirenti, la moglie in buona sostanza aveva poi confermato che capitava che l’uomo giocasse simulando lotte, come del resto accade in tutte le famiglie tra padri e figli. La situazione era però precipitata quando era corso su per le scale impugnando quella finta mazza da baseball. Ed è a quel punto che il ragazzino aveva preso dal cassetto della cucina due coltelli da portata cominciando a rotearli.

Il padre lo aveva allora ammonito: ma, questione di istanti, il 14enne aveva ormai lasciato partire il fendente mortale. Una reazione evidentemente non calibrata alla realtà. Il ragazzino stesso, non senza difficoltà, aveva poi spiegato al pm di avere colpito il genitore in risposta a ciò che aveva percepito come gesto non scherzoso, mentre tutti gli altri testimoni avevano tratteggiato un contesto assolutamente giocoso. Qualche ora dopo la tragedia si era manifestata in tutta la sua gravità e il 14enne era stato fermato dai carabinieri della locale Compagnia con l’accusa di omicidio.