"Portiamo qui la nostra cultura"

Olena Filipieva, sul pullman per Ravenna con marito e figlia, è la direttrice del corpo di ballo del Teatro nazionale di Kiev.

Dove eravate rifugiati?

"Da quando è scoppiata la guerra la maggior parte di noi era rimasto nelle case, dove a rotazione ci incontravamo per fare le prove. I bombardamenti sono cominciati il 24 febbraio, da quel giorno il teatro è chiuso, sei di noi erano rimasti lì mentre altri erano riusciti a raggiungere Leopoli in treno. Nel corpo di ballo siamo in tutto 150, alcuni sono rimasti a Kiev, altri sono andati all’estero".

Che situazione avete lasciato?

"A Kiev portavamo cibo casa per casa, soprattutto alle persone anziane e dove c’erano bambini, dando alloggio anche a persone fuggite da altre città sotto le bombe. Tra il popolo ucraino c’è sempre stato un grande spirito di solidarietà".

Tra i dipendenti del teatro avete avuto vittime?

"Uno dei nostri primi ballerini, Alex, si trova ancora a Kiev, ha preso le armi e sta difendendo la città. Con lui anche una ballerina, Olesia, il cui marito è stato ucciso ed è rimasta in città col suo bambino. Con noi, per Ravenna, è salito anche Olieg Tokar, anche lui inizialmente ha combattuto. Un altro componente del corpo di ballo è stato ucciso, un secondo è stato rapito dai russi e portato a Bucha, dove è rimasto per un mese. Ora è tornato a Kiev, quando l’esercito ucraino è riuscito a liberarlo lo hanno trovato completamente deperito".

Con quale spirito arrivate a Ravenna e cosa intendete fare?

"Con noi sono partiti alcuni ballerini che hanno avuto un permesso speciale dal ministero della cultura, altrimenti uomini con meno di 60 anni non possono lasciare il Paese. Questo perché la nostra è una missione culturale, abbiamo il compito di fare conoscere il nostro Paese attraverso il ballo e la musica. Non pensiamo di ricostruirci una vita fuori dalla nostra patria. Lasciamo l’Ucraina per tornarci, lavorando all’estero per potere inviare aiuti economici al nostro popolo. E siamo molto riconoscenti alla città di Ravenna per quello che sta facendo per noi. Vorrei anche far sapere che i russi stanno usando il nome del teatro di Kiev per fare propaganda, per far credere che nulla si è fermato e non è successo niente. Ma non è così, il Teatro nazionale dell’Ucraina siamo noi, chi si appropria del nostro nome è un impostore".

l. p.