Storie da ’Incubi grotteschi di esiliati sognatori’

La raccolta di 12 racconti weird, edita da Mario Vallone Editore, del 31enne ravennate Antonio Pilato: "’La notte più buia’ il mio preferito"

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Fa il suo esordio narrativo con la raccolta di racconti intitolata ‘Incubi grotteschi di esiliati sognatori’ edito da Mario Vallone Editore, il 31 enne ravennate Antonio Pilato, che è anche psicopedagogista. In tutto 12 racconti, ‘spalmati’ in circa 130 pagine, che l’autore ama definire di genere weird, un mix di horror, thriller, noir e fantasy, che sta riscuotendo un interesse crescente da parte del pubblico adulto.

Pilato, come si è avvicinato all’universo della scrittura?

"Nel modo più naturale, attraverso la lettura. Sono sempre stato un divoratore di libri, finché ho sentito la necessità di andare oltre, sperimentando in prima persona. Da bambino ero un appassionato della collana ‘Piccoli brividi’ dello statunitense Robert Lawrence Stine. Poi, negli anni dell’università, ho scoperto il geniale Stephen King e di seguito autori suggestivi come Edgar Allan Poe, Howard Phillips Lovecraft e altri".

Ricorda il momento esatto in cui ha preso la penna in mano?

"Sì. Stavo scrivendo una tesi per mia terza laurea in Pedagogia sul tema dell’immaginario infantile all’interno dei panorama horror e, una sera, ho sentito forte l’esigenza di mettere su carta qualche pensiero. Fra l’altro venivo da un periodo in cui avevo letto oltre 100 libri, mi sentivo carico".

Può spiegare in cosa consiste e come è nato il genere weird che lei preferisce?

"Il genere è al confine tra fantasy e horror, tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstiziose, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere. È la dimensione dell’immaginazione. Nata nel mondo anglosassone negli ultimi decenni del Novecento, sta prendendo piede lentamente".

Il suo obiettivo è quindi quello di farlo conoscere meglio?

"Sì, vorrei che non fosse più di nicchia. Tante delle persone che si sono avvicinate al genere per caso, ne sono rimasti affascinati. Ci tengo a precisare un’importante differenza tra l’horror classico e il weird".

Quale?

"Nella narrivata weird, il lato oscuro non è più racchiuso in mostri e creature paranormali, tipo vampiri, lupi mannari, fantasmi, ma dentro di noi. Mi allontano quindi molto dall’archetipo di King per avvicinarmi di più a Robert Louis Stevenson che ci fa scoprire, alla fine, una verità: Mr Hyde è dentro My Jekyll".

Nei suoi racconti ha seguito una tecnica particolare, ‘cliffhanger’, vale a dire ‘finale sorpreso’. Di cosa si tratta?

"È un espediente per creare una forte suspence, perché consiste nel bloccare la trama piuttosto bruscamente in un momento saliente. Lascio quindi al lettore la possibilità di immaginare quanto potrà poi accadere. Va poi detto che tutti i racconti seguono un po’ l’andamento dei sogni, di cui non si ricorda mai l’inizio. Si entra, dunque, direttamente nelle vicende fino a un gran finale che però resta enigmatico".

Quale dei 12 è il suo racconto preferito?

"Quello intitolato ‘La notte più buia’ che è la storia di un individuo che si trova nel letto, senza ben capire se è sveglio o addormentato. A un certo punto, vede una figura vicino all’armadio e poi quattro gufi sul cornicione della finestra. Cerca di scappare ma non riesce a muoversi e ciò lo induce a riflettere sugli episodi della sua vita in cui è stato un miserabile. Man mano che i pensieri avanzano, si accorge di potersi muovere, ma intanto la strana figura si avvicina. Alla fine, una rivelazione disturbante, capovolgerà i ruoli".

Cosa vede nel suo futuro?

"So continuando a scrivere su più fronti: un romanzo breve che dovrebbe uscire entro l’anno, una nuova raccolta di racconti e un saggio".

Roberta Bezzi