Vende on line un’anfora romana Assolto dal reato di ricettazione

Un 31enne lughese era finito nei guai. Ieri il padre ha spiegato che il reperto è da anni nella casa di famiglia

Vende on line un’anfora romana   Assolto dal reato di ricettazione

Vende on line un’anfora romana Assolto dal reato di ricettazione

Era finito nei guai per ricettazione dopo avere venduto online un’antica anfora romana. Un reperto che i carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale di Bologna hanno classificato come risalente all’epoca dell’imperatore Augusto, a cavallo tra i primi anni avanti e dopo Cristo. Eppure un 31enne lughese, difeso dall’avvocato Francesco Barone, quell’anfora la conservava da anni in casa, dopo averla ereditata dal bisnonno. Per questo l’uomo si era opposto al decreto penale di condanna della Procura a una multa di 1.275euro e ieri in tribunale a Ravenna è stato assolto con rito abbreviato condizionato all’acquisizione di alcuni elementi di prova, davanti al Gip Sabrina Bosi e al pm Angela Scorza, perché il fatto non sussiste. Il giudice ha anche disposto il dissequestro del bene che dunque sarà restituito al proprietario.

Durante l’udienza di ieri è stato sentito il padre dell’imputato che ha riferito sulla storia e le vicissitudini legate a quel reperto archeologico. L’uomo ha in buona sostanza raccontato che sin da quando era piccolo quell’anfora è sempre stata in casa di suo padre, presumibilmente era stata acquistata dal nonno ma non ne ha la certezza. Il padre dell’imputato ha anche aggiunto che negli anni ’60 il nonno aveva denunciato la scomparsa del reperto dal giardino di casa, reperto che era poi stato ritrovato dopo due o tre anni ed era stato riconsegnato proprio dai carabinieri. Dunque se si fosse configurato un illecito, sarebbe successo già all’epoca. Ieri è stato anche prodotto un documento, conservato assieme all’anfora, dal quale si evince la datazione del recupero del bene, che fu ripescato dal mare Adriatico nel lontano 1878 e immessa sul mercato prima che fosse promulgata nel 1909 la legge che disciplina l’inalienabilità di antichità e belle arti. Poi l’anfora era stata acquistata dalla famiglia da un antiquario negli anni Quaranta del secolo scorso.

La vicenda dell’anfora era iniziata dopo che la famiglia del 31enne lughese aveva messo in vendita la casa del nonno defunto. Non volendo lasciare anche mobilio e altri oggetti di arredamento ai nuovi proprietari, questi erano stati trattenuti o messi in vendita attraverso un portale online. Tra questi anche l’anfora, stimata per una cifra di appena un migliaio di euro. È a questo punto che l’oggetto era stato intercettato dai carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale di Bologna, specializzati nel recuperare reperti e oggetti d’arte setacciando la rete internet. Così, ritenendolo un bene di interesse archeologico e quindi appartenente al patrimonio dello Stato, i militari avevano avviato l’indagine a carico del possessore e, ritenendo potesse averne altri, sottoponendolo nel maggio 2021 a un decreto di perquisizione. Attraverso il proprio legale, avvocato Barone, il 31enne si era opposto al decreto penale di condanna, ottenendo un processo con rito abbreviato, condizionato all’acquisizione di alcuni elementi di prova, con udienza fissata dal Gip Sabrina Bosi per ieri. E ieri in tribunale a Ravenna l’esame del padre dell’imputato e la produzione del documento legato all’anfora hanno portato all’assoluzione del 31enne.

Milena Montefiori