"Volevo soffocarla col manico di un martello"

Nella casa lo ‘Zingaro’ non era entrato disarmato. Prima di usare il coltello aveva cercato di strozzarla, ma lei era fuggita

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Non era entrato disarmato: aveva con sé il manico di una mazzetta da muratore, ora in mano agli investigatori. Inoltre quello del 6 febbraio scorso, era il terzo tentativo di uccidere Ilenia Fabbri, la 46enne ammazzata quel giorno appunto nella sua abitazione di via Corbara a Faenza. Ovvero in precedenza c’erano state già altre due incursioni fallite: in un caso il sicario reo-confesso era addirittura riuscito a penetrare nell’abitazione con la 46enne dentro. Particolari di spessore quelli usciti dalla bocca di Pierluigi Barbieri alias lo Zingaro, il 53enne reo-confesso dell’omicidio della donna. E dei quali l’ex marito della vittima, il 54enenne Claudio Nanni presunto mandante del delitto, è venuto in larga parte a conoscenza di riflesso in ragione del materiale sequestrato di recente dagli inquirenti.

Vedi il capiente trolley, la vanga e il contenitore di acido legati a uno dei due precedenti tentativi di omicidio dei quali il 53enne ha parlato collocandoli tra ottobre e febbraio. Il piano – sempre secondo lo Zingaro - prevedeva in quel momento di fare sparire Ilenia nella valigia. In una circostanza il 53enne era riuscito a entrare nell’abitazione grazie alle indicazioni e a una copia delle chiavi del garage fornite dal Nanni: una volta dentro però, si era accorto che gli riusciva difficile trovare la stanza di Ilenia e che aveva sottovalutato le scale (l’appartamento è organizzato su tre livelli: due piani e un seminterrato). E così aveva realizzato di essere agitato decidendo di conseguenza di mollare la presa. In un’altra circostanza aveva desistito ancora prima di entrare nella casa perché innervosito dal ritardo di Nanni il cui arrivo avrebbe evidentemente dovuto dare il segnale di avvio dell’azione, come accaduto appunto a cavallo delle 6 del 6 febbraio. Un ulteriore particolare a riscontro della sua confessione, Barbieri l’ha fornito spiegando che in entrambi i tentativi falliti, Arianna – la figlia 21enne di Ilenia – era appena uscita dall’abitazione: o per andare al lavoro o per andare assieme al padre a vedere una vettura. Un dettaglio di rango dato che per entrare dalla porta del garage – l’unica usata da tutti quelli che frequentano la casa sebbene vi sia un secondo ingresso –, non bastano le chiavi: occorre che qualcuno dall’interno, a richiesta, apra i ganci di sicurezza che Ilenia aveva fatto collocare da un fabbro dopo un furto anomalo subito in passato. Oppure che qualcuno, uscendo, sia impossibilitato a richiuderli. Un dettaglio ancora più importante in chiave accusatoria, il 53enne lo ha fornito su quella che avrebbe dovuto essere l’arma del delitto: il manico in legno di una mazzetta da carpentiere che si era portato appresso. Prima di decidere di finire la vittima colpendola al collo con un coltello da cucina recuperato da un lavello nel seminterrato, lo Zingaro aveva infatti provato a soffocarla premendole quel manico all’altezza dell’osso ioide (sul collo alla radice della lingua). Ma un vicino che si era attaccato al campanello a causa delle urla e il telefono di Ilenia che continuava a trillare, lo avevano costretto a velocizzare il piano. A riprova, il 53enne ha indicato la piazzetta dell’autostrada tra Faenza e Imola dalla quale aveva lanciato l’oggetto tornando verso la sua abitazione nel Reggiano: ed è in un campo adiacente che squadra Mobile, Scientifica e agenti del locale Commissariato hanno già recuperato l’arma in questione. L’analisi di tabulati e varchi stradali ha per ora confermato tutti gli spostamenti: la confessione dello Zingaro insomma fin qui regge in pieno.

Andrea Colombari