Agazzani, il giallo dei farmaci

L’affermazione è contenuta nella memoria difensiva dell’amico Marco Lusetti, che è indagato per "falso in testamento". Ma la procura lo esclude, non convinta della dinamica della morte del critico d’arte

Il critico d’arte Alberto Agazzani venne trovato senza vita il 16 novembre scorso

Il critico d’arte Alberto Agazzani venne trovato senza vita il 16 novembre scorso

Reggio Emilia, 11 maggio 2016 – La storia di un presunto farmaco, si apprende, l’aveva tirata fuori la difesa di Marco Lusetti, nell’ambito dell’inchiesta sul testamento con cui Alberto Agazzani nominava erede universale l’ex esponente della Lega Nord, ex vicesindaco di Guastalla, consulente e pittore.

Inchiesta che ha visto finire Lusetti e il suo amico Carlo Malavolti sul registro degli indagati con l’accusa di falso in testamento olografo. O meglio: quella storia è contenuta, ha rivelato ieri sera Telereggio, in una memoria difensiva depositata dall’avvocatessa Erika Romani, il legale di Lusetti che ha sempre negato le accuse, affermando che il critico aveva deciso di nominare erede universale lui al posto di Malavolti, ed entrambi ne avevano dato notizia in una riunione a una decina di amici.

In sostanza, si sosterrebbe nella memoria difensiva che qualcun altro era interessato ai beni del critico d’arte, e questo qualcun altro avrebbe consigliato ad Agazzani di assumere farmaci tra i cui effetti collaterali vi sarebbe l’induzione al suicidio.

Ed ecco innescata, quando lo si viene a sapere, l’associazione spontanea con il titolo del reato ipotizzato dal sostituto procuratore Maria Rita Pantani contro ignoti: «Istigazione al suicidio», nuova inchiesta che - va sottolineato - non ha nulla a che vedere con l’indagine sui due testamenti (il secondo in ordine di tempo, quello pro Lusetti, secondo la procura falso; il primo in ordine di tempo, secondo a essere ritrovato, quello pro Malavolti, autentico).

Ma in realtà il magistrato inquirente non pare affatto credere alla tesi del farmaco che spinge al suicidio, e le sue congetture viaggiano in tutt’altra direzione. Quale sia la direzione, è coperta da segreto. Di sicuro c’è - come rilevato dal nostro giornale ieri - che la pm dispone l’esumazione delle ceneri di Agazzani per effettuare su di esse un’analisi tossicologica.

E già da qualche tempo - non era stata lei ad avere sul tavolo le carte Agazzani nell’immediatezza dei fatti - ha aperto un fascicolo per sgomberare il campo dalle ombre che un suo consulente ha evidenziato nella dinamica del suicidio.

Agazzani venne trovato impiccato a una trave con due cinture la mattina del 16 novembre scorso. Nella ricaduta, secondo l’ipotesi avanzata dal medico legale, il corpo avrebbe dovuto perlomeno scalfire il legno, come ha fatto un altro peso di novanta chili, quanto pesava il critico, in un apposito test.

Sul cadavere non venne effettuata l’autopsia e si procedette alla cremazione. Sono rimaste però le foto effettuate dalle forze dell’ordine intervenute per i rilievi: e queste foto dicono che la camicia del critico era perfetta, appena stirata e con la piega. Vi sarebbero poi dei segni sotto le ascelle.

Adesso tocca all’analisi delle ceneri, che riuniscono il corpo del critico e il legno della bara. Quali possibilità di scoprire qualcosa di utile alle indagini tramite una perizia tossicologica? Forse dei cristalli di composizione chimica diversa occultati tra le ceneri? Questi cristalli potrebbero svelarci qualcosa sulla natura delle sostanze eventualmente assorbite dal corpo? Siamo nel campo delle più avanzate ipotesi scientifiche.