Reggio Emilia, se i disabili imparano i gesti quotidiani

ViaLab è l’esperienza d’avanguardia in un appartamento di via Lombardia, i dati vengono condivisi con la Columbia University

Gianluca Amato e Claudia Puchetti, psicologi, hanno fondato ‘VitaLab’

Gianluca Amato e Claudia Puchetti, psicologi, hanno fondato ‘VitaLab’

Reggio Emilia, 17 novembre 2019 Sedersi, saper aspettare o lavarsi. Riporre un piatto, piegare un vestito o ascoltare musica. Ridurre l’aggressività, stare in compagnia. Per qualcuno, ragazzi con disabilità intellettiva o autismo, questi gesti quotidiani possono sembrare traguardi impossibili.

Eppure anche loro possono provare a percorrere la strada dell’autonomia, fatta di piccoli passi che danno grandi soddisfazioni. È l’obiettivo del centro privato ‘VitaLab’, fondato da due psicologi reggiani, il 37enne Gianluca Amato e la 30enne Claudia Puchetti. Da un anno hanno allestito nel quartiere San Prospero un appartamento dove i disabili possono «imparare a diventare grandi», sperimentando per alcune ore dei gesti per la cura di sé, mansioni quotidiane e anche attività artistiche, per poi uscire e immergersi nella città e in altri luoghi pubblici e culturali. ‘VitaLab’ ha un’altra peculiarità: «È anche un centro di ricerca». Davanti a noi gli psicologi sfogliano grandi quaderni: «Ogni giorno i progressi dei ragazzi vengono appuntati. Ognuno di loro è seguito da un’équipe di insegnanti». «I dati vengono condivisi anche con la comunità scientifica, altri centri, attraverso l’associazione Errepiù, e la Columbia University, dove si è formata la ricercatrice reggiana Fabiola Casarini, che ha importato in Italia il modello Cabas, sulla ricerca applicata in educazione».

Gli psicologi di via Lombardia sono specializzati in Aba (Applied behavior analysis), ovvero in analisi comportamentale applicata, tesa a ridurre gli aspetti disfunzionali e ad aumentare quelli socialmente appropriati. A ‘VitaLab’ si accolgono soprattutto gli adolescenti disabili dai dodici anni in poi e i giovani adulti fino ai trenta. Ora sono una dozzina i ragazzi in carico: una volta inquadrato il loro livello cognitivo e di capacità, vengono guidati ad apprendere nuove abilità. Visitiamo la cucina, la camera da letto e il salotto con tv e chitarra: locali accoglienti e colorati, dove i ragazzi provano a cucinare, riordinare gli abiti, e anche solo a sedersi in modo composto sul divano o in bagno perché per qualcuno non è affatto scontato. Ma le attività possibili sono numerose - gite in città, nuoto, fotografia, arte, palestra, yoga, giardinaggio – anche attraverso altri professionisti: «Cerchiamo contesti dove i ragazzi possano seguire percorsi personalizzati ed essere inseriti tra le altre persone». Come già accade alla ‘Personal training’ di via Verri, dove i disabili si allenano seguiti dagli educatori, oppure al ‘Podere di zia Anna’ di Cadelbosco, dove riempiono cassette di frutta e verdura e le pesano. «I ragazzi hanno capacità diverse e obiettivi diversi, ma un aspetto comune: possono sempre imparare e migliorare». La mission che i due psicologi Amato e Puchetti perseguono è di «preparare i ragazzi ad affrontare il fuori e il dopo. La casa serve a diventare grandi e autonomi. Bisogna preoccuparsi dei ragazzi disabili fin da quando sono adolescenti, alle medie, offrendo loro infinite opportunità di apprendimento».