Beppe Carletti si racconta: "Noi come i Rolling Stones. Vorrei incontrare il Papa"

Il leader dei Nomadi: "Che successo il nostro tour per i 60 anni di carriera. Tra i nostri fan il cardinal Zuppi e Mattarella. Sanremo? Siamo senza padroni...".

Beppe Carletti si racconta: "Noi come i Rolling Stones. Vorrei incontrare il Papa"

Beppe Carletti si racconta: "Noi come i Rolling Stones. Vorrei incontrare il Papa"

di Antonio Lecci

"Tornassi indietro, rifarei tutto". Non ha dubbi Beppe Carletti, impegnato nel tour dei "suoi" Nomadi, che celebra i 60 anni di carriera. Un record secondo al mondo solo ai Rolling Stones, per un anno di differenza.

Beppe Carletti, com’è andando l’estate musicale?

"Un grande successo. Il pubblico risponde in modo eccezionale. Nonostante i 60 anni di attività, c’è ancora gente che non ha mai assistito a un nostro concerto. Dunque, c’è ancora spazio per conquistare nuovi fan, per conoscere le nostre canzoni, per vedere cosa e chi siamo".

Ne è passato di tempo dagli esordi…

"Già, dal Cantagiro del 1966. La creatività a livello internazionale arrivava da gruppi come Beatles e Rolling Stones. Si guardava in positivo alla società del futuro. Ci si divertiva molto a quell’epoca. Altro mondo…".

Riferebbe tutto ciò che ha fatto in questi 60 anni?

"Certo. Ammetto ci siano stati anche errori. Ma sbagliando s’impara. Ci abbiamo sempre provato. La certezza del successo non la puoi avere se non ci provi. Con Augusto Daolio ci si confrontava di continuo. Non ci siamo mai affranti di fronte agli errori. Siamo andati avanti a fare ciò che desideravamo".

Di recente due incontri importanti: il cardinale Matteo Maria Zuppi e il presidente Sergio Mattarella…

"Il cardinale Zuppi ha chiesto lui di incontrarmi. A sorpresa mi ha tirato fuori una canzone degli anni ’70. Nel testo dice: ‘Ho visto uccidere Cristo e non ho potuto fare nulla’. Significa che ci conosce, che ha ascoltato le nostre canzoni. Che emozione. Con Mattarella c’è stato un colloquio privato di mezz’ora. L’ho cronometrato: 32 minuti esatti. Ero nel salone. Mi hanno chiamato per andarlo ad accogliere al suo arrivo. Un bellissimo incontro. Mi ha subito messo a mio agio. Gli ho raccontato la storia dei Nomadi e l’impegno umanitario che ci ha sempre contraddistinto: dai soldi raccolti alla morte di Augusto per la ricerca contro il cancro...".

Ora resta l’incontro col Papa.

"È il mio sogno. Ma potrebbe avverarsi. A Novellara abbiamo un parroco, don Giordano Goccini, che potrebbe esaudirlo. Lui mi dice spesso: ‘non ti vedo mai in chiesa’. Gli rispondo: ‘Io prego da casa’. Ma lui ribatte: ‘Non dire questo, altrimenti in chiesa non viene più nessuno’...".

Come si sente a vivere ancora l’esperienza di artista?

"Ho 77 anni e guarda quante belle cose ancora mi succedono. Ho la fortuna di vivere di musica, di una cosa che amo profondamente. I Nomadi non sono solo gli attuali componenti. Sono le 24 persone che hanno fatto parte del gruppo in sessant’anni. Tutti hanno dato qualcosa di importante. Cico e Daniele sono qui da 33 anni, Massimo e Sergio da 25, Juri da 8. Non sempre è facile integrarsi tra generazioni diverse. Da noi succede. È un esempio quasi unico".

Un ricordo di Augusto?

"Lo citiamo sempre nei nostri concerti. Lui è rimasto nel cuore delle persone. A 31 anni dalla morte la gente lo ricorda. È nel cuore anche di coloro che non lo hanno conosciuto. Alla fine di ogni concerto ripeteva sempre: ‘È stato bellissimo’".

Il vostro legame col territorio?

"La gente dei piccoli paesi ha un cuore più grande rispetto alle città. Abitavo a Novi di Modena, nel ’65 sono arrivato a Novellara e non mi sono più spostato. C’è stato un momento che i Nomadi erano formati da quattro musicisti tutti di Novellara".

Poi l’incontro con Augusto…

"Il nostro chitarrista Franco Midili mi chiese se poteva farmi conoscere un ragazzo, un cameriere del dancing di Novellara. Me lo porta a un concerto al dancing Oasi, a Trecento di Rovigo. Il risultato del ‘provino’ lo conoscete…".

Poi la malattia se l’è portato via…

"Alla sua morte, 31 anni fa, c’era paura di sbagliare ad andare avanti. Non eravamo certi che senza di lui sarebbe andato tutto bene. Invece…".

Perché faticate a essere coinvolti in grandi eventi tipo il festival di Sanremo?

"Noi siamo amici di tutti, ma restiamo sempre indipendenti. Anche al recente concertone benefico all’Arena di Reggio… Lo ha promosso un’organizzazione che ha chiamato i suoi artisti. E anche al festival di Sanremo ci vanno quelli che fanno parte di una squadra, di un team. Noi non abbiamo padrone. E ci va benissimo così…".