ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Caso appalti, l’avvocato: "Conseguenze nefaste dell’azione penale"

Salvatore Tesoriero difende il Comune: "Indagare è doveroso, ma si espongono le istituzioni a una mancanza di fiducia pubblica".

Caso appalti, l’avvocato: "Conseguenze nefaste dell’azione penale"

Caso appalti, l’avvocato: "Conseguenze nefaste dell’azione penale"

"L’azione penale può comportare conseguenze nefaste sulla credibilità delle istituzioni davanti ai cittadini". A dirlo è l’avvocato Salvatore Tesoriero, responsabile civile per il Comune nel processo sui presunti appalti pilotati, concluso con quattordici assoluzioni, quattro condanne leggere e due posizioni prescritte.

Avvocato, come interpreta questa sentenza?

"È sopravvissuta solo una delle molteplici contestazioni. Sul piano della tenuta della pubblica accusa, significa che la montagna ha partorito un topolino. L’inutilizzabilità delle intercettazioni, sollevata da alcune difese, è di certo un tema tecnico importante. Ma io credo che si debba fare anche un’altra riflessione".

Prego.

"Dalla sentenza emerge che è crollata la tesi del ‘sistema’ del Comune in cui gli appalti venivano pilotati per essere dati agli ‘amici’. Se il processo coinvolge le istituzioni, la delicatezza degli equilibri in gioco richiede molto prudenza".

Se la Procura ha ravvisato indizi di reato, non avrebbe dovuto procedere? E poi ci sono stati venti rinvii a giudizio.

"Il controllo di legalità sugli enti pubblici è doveroso e misura anche la qualità della democrazia, ma i suoi effetti possono essere devastanti. Se il processo penale è di per sé una pena per i singoli imputati, in questo caso diventa anche una pena sociale, perché espone l’istituzione al rischio di una mancanza di fiducia profonda da parte dei cittadini. Ora, dopo un’assoluzione netta, è necessario ridare agli enti l’integrità e la credibilità messe in dubbio".

Nel processo sono state proiettate intercettazioni che sembravano sollevare dubbi sulla condotta dei dirigenti.

"L’ascolto delle voci decontestualizzate ha creato suggestioni: alcune frasi non erano condivisibili, ma il processo accerta i fatti. E il sistema descritto dalla Procura è stato smentito".

Come si spiega che la Procura abbia sostenuto sino alla fine l’idea del ‘sistema’?

"L’azione della Procura, come quella di ogni uomo, non è mai del tutto scissa dal clima politico, sociale ed emozionale del momento. C’è stata una lunga stagione in cui si è esasperato il controllo di legalità in base a un pregiudizio verso gli amministratori, ritenuti una categoria poco raccomandabile. Potrei fare un altro esempio: ho difeso diversi consiglieri regionali imputati, e poi assolti, nel procedimento cosiddetto delle ‘spese pazze’".

Nel bando per l’asilo Maramotti, e non solo, la Procura ha sostenuto "pressioni politiche".

"Invece dalle intercettazioni emerge che il decisore politico disse di rispettare l’interesse pubblico. Non c’è prova che la politica avesse dato indicazioni di pilotare gli appalti. Quale interesse avrebbero avuto i dirigenti? Nel bando Maramotti, il Tar e il Consiglio di Stato avevano già detto che le motivazioni alla base dell’esclusione della società Baby&job erano del tutto ragionevoli".

Vuole dire che la Procura reggiana era mossa da un pregiudizio?

"No. Secondo me la Procura era convinta che ci fossero illeciti sistematici, ma non erano supportati da prove".