ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

"Champagne mentre falliva". Sei anni per bancarotta a Luigi Predieri

In Appello confermata la condanna di primo grado, ma decade l’accusa di associazione a delinquere per l’imprenditore.

di Alessandra Codeluppi

Colpevole di bancarotta, ma non di associazione a delinquere. È questo il verdetto espresso dalla Corte d’Appello per il reggiano Luigi Predieri, finito nel 2017 al centro dell’operazione ‘Last drink’: per la prima accusa il tribunale di Bologna lo ha condannato a sei anni, mentre la seconda è stata depennata a seguito di una parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale di Modena, che in abbreviato aveva deciso una pena di sei anni e otto mesi per entrambe le imputazioni. E anche il procuratore generale aveva chiesto la conferma in toto del verdetto di primo grado. Secondo l’accusa, Predieri manteneva un tenore di vita molto elevato rispetto alle condizioni delle società a lui ricondotte, da cui avrebbe distratto capitali fino a farle fallire. Viveva tra champagne, auto costose e vacanze esotiche; un’ostentazione del lusso che non nascondeva sui social, insospettendo così la Finanza di Modena: ‘Last Drink’ culminò in 19 misure cautelari, 48 denunce e l’annuncio di 30 milioni di imposte non versate. Predieri è stato ritenuto un elemento importante anche nell’inchiesta-madre ‘Barqueiro’, su società e persone fisiche esportate in Portogallo per godere di vantaggi fiscali o per essere svuotate. In questa operazione, però, Predieri era imputato solo per il fallimento della Snt Techologies, che era a Carpi, e della romana Tec, al centro di un filone di indagine autonomo. L’avvocato difensore Gianluca Vinci (assieme all’avvocato Giovanni Nocentini) aveva chiesto l’assoluzione e preannuncia ulteriore battaglia: "Siamo soddisfatti perché la Corte ha fatto decadere l’accusa più grave, ma ora ricorreremo in Cassazione, lui si professa innocente anche sulla bancarotta. Parte della documentazione su cui si basa la condanna non è neppure confluita nel fascicolo. Ma per noi quelle visure camerali e sommarie informazioni dei dipendenti delle società dimostrano che non c’è la bancarotta. Predieri per lavoro entrava nel capitale sociale delle società per farle ripartire e non per svuotarle, operazioni peraltro assai frequenti a Reggio con il sistema delle newco". Una tesi che l’Appello non ha accolto, ravvisando invece le prove della bancarotta che avrebbe alimentato anche la sua ‘bella vita’.