Coronavirus, la lotta di Fabio Baroncini ha commosso il Canada

Gli amici hanno creato un video con i suoi selfie in terapia intensiva che è stato trasmesso dalla Ctv National News

Fabio Baroncini, 55 anni, in uno dei selfie inviati agli amici

Fabio Baroncini, 55 anni, in uno dei selfie inviati agli amici

Reggio Emilia, 1 aprile 2020 - A un passo dalla morte, per poi salvarsi e tornare a sorridere ai suoi amici, seppur rigorosamente a distanza. Ma se la malattia lo ha inchiodato al letto, nulla ha potuto invece contro la sua forza d’animo: e così questa storia di speranza nonostante le difficoltà, racchiusa in un video realizzato da un amico e condivisa di file in file, ha sorvolato l’oceano fino ad approdare al Canada, dov’è stata raccontata in un servizio televisivo. Lui, Fabio Baroncini, 55enne di Scandiano ora residente a Sassuolo, autista di ambulanze per l’Ausl di Modena, sposato, è uno degli operatori che ogni giorno si prodiga per salvare gli altri, e ha continuato a farlo anche quando l’allarme Covid era scoppiato.

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Alla guida del mezzo di soccorso l’uomo interviene il 5 marzo nei dintorni di Sassuolo, per un incidente stradale. È probabilmente in quell’occasione che contrae il Coronavirus, mentre presta soccorso a un ferito che si scopre, soltanto in un momento successivo, positivo al tampone: dopo tre giorni anche Baroncini accusa una febbre alta, poi il 12 marzo viene ricoverato al Policlinico di Modena per problemi respiratori. Dimesso, torna di nuovo all’ospedale cinque giorni dopo, quando le sue condizioni peggiorano.

Finisce in Terapia intensiva e questa volta la sua situazione sembra decisamente grave: "Per due giorni abbiamo temuto il peggio", racconta lo scandianese Aldo Magnani, uno dei suoi amici di lunga data. Ore di ansia, poi il miglioramento e il passaggio nel reparto degli Infettivi.

"Fabio ci inviava tanti suoi selfie con i caschi e le mascherine, senza mai farci mancare il suo sorriso. Ci siamo sempre tenuti in contatto via chat con altri tre amici. Nonostante tutto ha sempre cercato di minimizzare e persino di rallegrarci". Dopo due settimane all’ospedale, il 28 marzo Baroncini guarisce e viene dimesso. "Ora finalmente respira in modo autonomo e si sta riprendendo. In quel momento di grande felicità ed emozione per tutti noi, amici da più di quarant’anni, ho voluto celebrare il lieto fine".

Quei selfie all’ospedale Magnani li ha tutti raccolti per fargli una sorpresa, un filmato: sulle note di ‘Happy ending’ di Joe Jackson, scorre una foto di gruppo degli amici, poi un primo piano di Baroncini che sfuma nel suo volto con il casco, steso nel letto dell’ospedale, mentre saluta gli amici, finché, tolta una mascherina, nel finale si scioglie in un sorriso radioso.

Quel video è poi stato trasmesso dalla Ctv National news in Canada, che ha raccontato la storia di Baroncini come l’esempio di senso del dovere degli operatori sanitari italiani, fino al sacrificio, e come una storia di speranza. "Grazie allo smartphone i momenti critici sono stati più leggeri. Almeno non mi sentivo così isolato come ero, in realtà, in terapia intensiva - ha scritto Baroncini agli amici una volta dimesso -. Il vostro contatto, seppure in chat, mi ha aiutato parecchio per il morale, che in ospedale crolla che è una meraviglia. Anche se sfinito, anche se col fiato corto, perché persino digitare al telefono mi portava affanno, leggere un messaggio e interagire col mondo esterno e con persone che si preoccupavano per me, ha contato parecchio". E poi il grazie scherzoso che guarda a un futuro di nuovo insieme a tutti i suoi amici: "Vi devo parecchie birre".