L’ex br e il figlio del poliziotto ucciso. “Ora siamo amici”

L’incontro tra Franco Bonisoli e Giorgio Bazzega

La stretta di mano tra l’ex brigatista Franco Bonisoli e Giorgio Bazzega, figlio del poliziotto Sergio, ucciso nel ’76

La stretta di mano tra l’ex brigatista Franco Bonisoli e Giorgio Bazzega, figlio del poliziotto Sergio, ucciso nel ’76

Reggio Emilia, 20 novembre 2016 - Una stretta di mano tra l’ex brigatista e il figlio del poliziotto ucciso da un terrorista. Un’immagine choc eppure dolcissima durante un confronto emozionante, che ha ripercorso il cammino del gruppo di padre Guido Bertagna (anch’egli al teatro Valli), che da anni favorisce l’incontro tra vittime e colpevoli degli anni di piombo. La stretta di mano arriva tra Franco Bonisoli, reggiano, tra gli ideatori ed esecutori dell’agguato di via Fani, e Giorgio Bazzega, figlio del poliziotto Sergio, ammazzato nel 1976 da Walter Alasia durante l’irruzione nella sua abitazione. Allora Giorgio Bazzega aveva due anni e mezzo: «Mio papà si era trovato di fronte a tutta la famiglia, compreso il padre e la madre. Con una sventagliata di mitra li avrebbe uccisi tutti, così preferì tentare di disarmarlo. Ma Alasia ne approfittò per sparargli».

L’incontro era inserito in una giornata shakespeariana, intervallato da monologhi di Giulio Cesare e Amleto letti da Maddalena Crippa. Presente anche Manlio Milani, altro protagonista del gruppo di Giustizia Riparativa, che perse la giovane moglie nella strage di Brescia. In sala il sindaco di Reggio, Luca Vecchi.

«Per uccidere i responsabili dell’ordine costituito - dice Bonisoli - dovevamo vederli come simboli, funzioni, reificarli. Ed è terribile. Poi ho capito che togliere l’umanità alla persona che hai di fronte significa, senza accorgersene, togliere la propria umanità, reifichi te stesso, la tua causa, i tuoi principi». E il gruppo di Giustizia Riparativa ha colto da anni il bisogno di sanare un profondo malessere, che non si estingue tra i colpevoli scontando la pena (oltre 22 anni per Bonisoli), e tra le vittime o i loro familiari con la condanna dei responsabili.

«Il primo problema è stato di perdonare te stesso - dice Bonisoli -. Decidere di agire in modo diverso. E interagire con le persone a cui hai provocato dolore. L’incontro più grande è stato con Agnese Moro, figlia di Aldo. Io sono uno dei responsabili... Diceva che eravamo mostri, mi aspettavo una reazione dura, invece volle sapere della mia famiglia. Ho scoperto un livello di profonda comprensione e questo ha cementato il nostro rapporto». Perdono? «Non è questo il problema, ma l’incontro. Il dolore di chi ha sofferto tanto. Il fatto che si usi la parola amici è eccezionale. Io credo ancora in valori di pace e giustizia e questi valori li trovo in modo profondo in queste persone».

Un cerchio chiuso da Bazzega: «Mio padre interrogava Renato Curcio e poi tornava a casa e parlava a mia mamma senza odio di quel ragazzo, degli ideali che aveva, del fatto che sbagliava però a sparare. Gli ex terroristi invece per me erano simboli-mostri, come per loro erano simboli i nostri cari. Ma più andavano avanti gli incontri con loro e meno ero incazzato. L’ho detto a mia mamma: ‘Mi sto affezionando, mi sento in colpa con papà». E lei mi ha risposto: «Somigli proprio a lui. E oggi io e Bonisoli siamo amici».