Iazzetta condivideva la stanza con l’omicida

Racz ieri non ha parlato al giudice, ma si è professato innocente. Il suo avvocato: "Assieme alla compagna erano ospiti fissi della vittima"

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di Nicola Bonafini

Si è svolta ieri mattina presso il tribunale di La Spezia l’udienza di convalida del ‘fermo indiziario di delitto’ per Milan Racz, il 34enne di nazionalità slovacca il quale risulta essere, secondo la ricostruzione investigativa compiuta dai carabinieri di Reggio – con l’aiuto dei colleghi di La Spezia - e dalla Procura della Repubblica reggiana, l’assassino di Aniello Iazzetta, il 51enne ritrovato morto nel suo appartamento di via Stalingrado mercoledì scorso.

Il giudice dell’udienza preliminare spezzino, Fabrizio Garofalo, ha convalidato il fermo applicando la misura cautelare del carcere per Racz, il quale, assistito dal suo legale di fiducia, l’avvocato Rosanna Beifiori del foro di Reggio, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’avvocato Beifiori, per la prima volta da quando sono scattate le manette per il suo assistito, ha avuto modo di interloquire con lui poco prima dell’udienza: "E’ molto provato", ha affermato il legale al termine della convalida, in cui l’uomo si è comunque dichiarato innocente.

Racz, è sotto indagine per i reati di omicidio aggravato da futili motivi e dalla crudeltà con cui è avvenuto – secondo gli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Valentina Salvi, Racz avrebbe sostanzialmente sfondato il cranio di Iazzetta sbattendogli la testa contro il muro, in particolare quello adiacente al bagno dell’appartamento dove viveva, al primo piano -.

Per tanto, l’uomo rimarrà rinchiuso presso la casa circondariale di La Spezia, salvo che la Procura presso il tribunale di via Paterlini, entro venti giorni, non decida di ‘avvicinare’ Racz, portandolo alla Pulce, qui a Reggio, oppure in un’altra casa circondariale vicina.

Eppure, in una vicenda, che dopo appena ventiquattro ore dal ritrovamento del corpo di Iazzetta, sembrava sostanzialmente chiusa, con l’individuazione di Racz come unico, presunto, responsabile della sua morte, emerge un elemento che non era ancora affiorato fino a questo momento ed è lo stesso avvocato Beifiori a renderlo noto: "Da quanto risulta dagli atti che mi sono giunti, Racz e la sua compagna condividevano l’appartamento di Iazzetta. In sostanza, erano suoi ospiti al primo piano della sua abitazione in via Stalingrado".

Un elemento questo, che, va da sè, determina una crepa non di poco conto nella narrazione degli inquirenti, resa pubblica all’indomani del fermo di Racz e della giovane compagna – al settimo mese di gravidanza – al porto turistico di La Spezia. Innanzitutto cade il fatto che Iazzetta e l’amico (il ‘terzo uomo’, quello considerato come "persona informata sui fatti") avessero conosciuto la giovane su un bus di linea che stava attraversando la città, quel sabato 12 giugno in cui tutto accadde. E’ evidente come il trio si conoscesse già, e che "l’invito ad andare a casa di Iazzetta", non fu una cosa estemporanea, ma, a quanto pare, la diretta conseguenza del fatto che la donna abitasse lì con Racz e la vittima. Da qui, potrebbero essere oggetto di ulteriori approfondimenti anche gli aspetti legati alla pista passionale, che è quella maggiormente ‘battuta’ dagli inquirenti per conferire un movente che stia in piedi all’omicidio del 51enne campano. Quindi, oggi ancora più di ieri, acquisisce un peso ancora maggiore il ruolo dell’amico di Iazzetta e quanto ha dichiarato e dichiarerà nei futuri passaggi che si susseguiranno sulla vicenda.

Intanto, da quanto trapela, è molto probabile che il legale di Racz avanzi un ricorso presso il tribunale del riesame di Genova. Ha dieci giorni di tempo, per farlo.

Ma la sensazione è che una vicenda tutta vissuta ai margini della società, e della città di Reggio, che sembrava pressoché risolta nella sua quasi totalità, possa, al contrario, riservare ancora delle sorprese interessanti.