Il disegno e la bambina In aula la ricostruzione del ’caso-pilota’ che inguaia i servizi

Inchiesta Angeli e Demoni: secondo l’accusa quelle braccia sarebbero state aggiunte per simulare un palpeggiamento.

Il disegno e la bambina  In aula la ricostruzione  del ’caso-pilota’  che inguaia i servizi

Il disegno e la bambina In aula la ricostruzione del ’caso-pilota’ che inguaia i servizi

di Alessandra Codeluppi

"Sistema": usò questa parola una giovane assistente sociale. "Non è giusto che ci andiate di mezzo voi (tra l’altro la prima segnalazione in cui si chiedeva l’allontanamento l’ho firmata io, quindi come dire, se devo entrare nella mischia mi preparo) per arrivare a obiettivi che secondo me vanno molto oltre il singolo caso in oggetto. Però davvero non ci tutela nessuno e dobbiamo avere la forza di dire ‘no questa roba non la faccio perché non sono coperta’. Poi io ho scelto di scappare appunto perché mi stavo prestando alla qualunque, quindi so quanto non sia per nulla facile quando sei dentro a questo sistema".

Era il 3 ottobre 2018 quando un’assistente sociale che in passato era stata assunta a tempo determinato in Val d’Enza scriveva queste parole alle colleghe: si erano già accesi i fari investigativi sulla bambina che rappresenta il caso-pilota dell’inchiesta ribattezzata ‘Angeli e demoni’, ora approdata al prodesso con rito ordinario sui presunti affidi illeciti. Secondo l’accusa la giovane sarebbe stata costretta da Federica Anghinolfi, la responsabile dei servizi sociali, ad attestare falsità sulla situazione familiare della bambina, che chiameremo Alice, in una relazione datata 28 febbraio 2018, quando lei aveva 9 anni. La vicenda, ripercorsa ieri dal maresciallo capo Giuseppe Milano, teste del pm Valentina Salvi, è molto complessa: il giovane padre di Alice, che soffre di disturbi psichiatrici, aveva avuto Alice dalla relazione con una 14enne indiana: la madre era stata sottoposta dalla propria famiglia a pressioni per abortire e per questo era seguita dai servizi sociali di Reggio.

Poi i nonni paterni decisero di farsi carico della mamma adolescente, che andò a vivere nella loro casa, e della bambina. Il nucleo familiare fu seguito dai servizi della Val d’Enza, territorio in cui abita. La ragazzina decise di separarsi dal padre della bambina e iniziò una storia con un altro uomo, con cui nel 2015 conviveva. La situazione precipitò: secondo l’accusa, alla psicologa Imelda Bonaretti che seguiva Alice, in carico al servizio di neuropsichiatria, la bambina parlò di palpeggiamenti da parte del nuovo compagno della madre. I presunti abusi, segnalati nel 2018, vengono riferiti al 2015. Allegò il disegno, proiettato ieri in aula: un uomo, cioè il convivente della madre, allunga le mani su Alice. Ma per la Procura quel disegno è stato falsificato dalla psicologa con l’aggiunta delle braccia, per dargli un significato sessuale.

Secondo la ricostruzione investigativa, Alice era solita non tratteggiare la parte finale delle braccia, come dimostra secondo il maresciallo un altro disegno in cui il fidanzato della madre compare da solo ed è raffigurato senza mani. Secondo la Procura, Anghinolfi mise nero su bianco circostanze non veritiere, al fine di allontanare la bambina da casa, descrivendo in modo negativo genitori e nonni. "Ben 32 famiglie firmarono invece una lettera", trovata in fase di indagini, "per dire che i nonni mettevano a disposizione la loro abitazione per organizzare feste con Alice". Nel marzo 2018 il giudice tolse la patria potestà ai genitori, nominando una coppia affidataria. Lei fu prelevata a scuola nell’aprile 2018 e i nonni la rividero per la prima volta oltre due mesi dopo. Ingaggiarono una battaglia legale, affidandosi all’avvocato Patrizia Pizzetti - legale di parte civile della famiglia insieme al collega Nicola Termanini - e la bambina tornò a casa nel giugno 2019. Pochi mesi prima, in febbraio, l’inchiesta per violenza sessuale a carico del compagno della madre fu archiviato.