Il parente sapeva della presenza delle videocamere

Gli inquirenti considerano estremamente credibile quanto dichiarato dal fratellino sedicenne di Saman Abbas. “Il racconto del minore dell’uscita (dalla casa) e del successivo ritorno del solo zio, con lo zaino di Saman, risulta confermato dalle immagini di videosorveglianza“.

Non solo. Vi sono anche, alcuni elementi di indagine - riscontri, definiti “esterni oggettivi” - che sottolineano l’affidabilità e la credibilità del suo racconto.

La fuga dal lavoro. Questo è il primo riscontro esterno oggettivo, su cui la Procura mette il suo focus. Che nella notte che attraversa il 30 di aprile e il primo di maggio sia stato commesso un “fatto illecito gravissimo“ che ha coinvolto Saman è dato dalla “fuga precipitosa“ di papà, mamma e zio “non presentandosi più al lavoro”.

I messaggi di ‘zio Danish’. Con la persona a cui era sentimentalmente legata, fanno trasparire la commissione di un “illecito anche violento commesso in danno di Saman”. A riprova di questo, vi è l’aspetto che, nonostante ‘zio Danish’ le garantisca formalmente sull’ìncolumità della ragazza, “la interlocutrice si mostra consapevole del fatto che l’uso della violenza fisica fosse tutt’altro che da escludersi nel ‘lavoro’ che Danish doveva compiere su indicazione e richiesta dei genitori della giovane”.

L’attenzione di ’zio Danish’ per le videocamere. Nel ragionare come fosse del tutto da escludersi che la giovane diciottenne potesse essere nella ’disponibilità’ dello zio o di terzi; si fa riferimento ancora una volta allo zaino che ‘zio Danish’ riconsegna al padre di Saman, tuttavia senza mettersi mai a ‘favore di videocamera’. Fosse, Saman, stata rapita dallo zio o da terzi, non vi sarebbe stata , per ragionamento a contrariis la necessità di restituire lo zaino al padre e, contestualmente, porsi il problema di farsi inquadrare dalle telecamere di sorveglianza.