Kobe Bryant morto, il dolore di Reggio. "Era uno di noi"

Nel luglio 2016 l’ultima volta di Bryant in città: "E’ un posto speciale". Giocò due anni nella Pallacanestro Reggiana

Kobe Bryant nella sua visita a Reggio nel 2016

Kobe Bryant nella sua visita a Reggio nel 2016

Reggio Emilia, 27 gennaio 2020 - ​Non è vero che le leggende non muoiono mai. Kobe Bryant ieri è deceduto in un incidente di elicottero a Calabasas, in California. Il velivolo, di sua proprietà, ha preso fuoco in volo ed è precipitato.

Con il campione di basket sono morte altre quattro persone, tra cui la figlia Gianna Maria, 13 anni, promessa del basket. Si stavano dirigendo alla Mamba Academy, l’accademia fondata dal campione, per una mattinata di allenamenti. A casa erano rimaste la moglie Vanessa e le altre figlie Natalia Diamante, Bianka Bella e Capri Kobe.

Leggi anche Reggio piange il suo figlio di adozione

Kobe aveva 41 anni e lascia un grande vuoto a Reggio, dove aveva vissuto da bambino. Aveva abitato tra il centro e Montecavolo, dal 1989 al 1991, quando era un ragazzino e seguiva il padre Joe, per tutti ’Jellybean’, giocatore di basket per due stagioni alla Pallacanestro Reggiana (quando le canotte biancorosse erano marchiate Cantine Riunite) in Serie A1.

Tre anni intensi, rimasti nel cuore di Kobe che quando tornava in Italia non mancava mai di fare il blitz nella nostra città (guarda il video dell'intervista), dove aveva conservato amicizie vere. Come nel luglio 2016, quando il più forte giocatore al mondo si palesò in via Franchetti (foto), dove nel campetto della scuola media Manzoni c’erano centinaia di persone ad attenderlo, arrivate dopo un passaparola che prese vita solo un paio di ore prima. Del resto la presenza a Reggio di "Black Mamba" non poteva passare inosservata: per la sua stazza (1,98 di altezza) e soprattutto per il suo sorriso che di rado spariva dal volto. Quel giorno aveva un impegno a Parigi, ma lo annullò: aveva voglia di sentir parlare il nostro dialetto e cambiò programma.

false «E’ semplice spiegare perché sono legato a questa città - raccontava Kobe -: qui c’è amore e il fatto di crescere a Reggio è stato fondamentale nella mia carriera. Ho tantissimi ricordi speciali. Potevo girare in bicicletta, andare a mangiare un gelato con gli amici, niente più lontano da Los Angeles... Quando passeggio per il centro tutti mi salutano, ma nessuno mi infastidisce. Cose piccole, bellissime, che non posso fare negli Stati Uniti".

Leggi anche L'intervista a Bryan nella sua visita a Reggio

L’ex fenomeno dei Lakers giocò due anni nelle giovanili della Pallacanestro Reggiana, allenato da Andrea Menozzi, altra persona fondamentale nella crescita di Kobe. Alla domenica il piccolo Bryant era sempre presente al palazzetto a vedere giocare papà. Durante l’intervallo entrava in campo e infilava i canestri, uno dietro l’altro. Che bei ricordi, rimasti impressi nella mente, e soprattutto nel cuore, di tantissimi reggiani.

Ieri la Pallacanestro Reggiana ha postato su Facebook un semplice ma significativo "Per sempre uno di noi". E’ solo uno della montagna di messaggi che hanno invaso i social. Ieri è intervenuto anche l’assessore allo sport di Quattro Castella, Luca Spagni. "Non posso non esprimere lo sgomento dei tanti ragazzi suoi coetanei che lo hanno conosciuto proprio quando quello che sarebbe diventato uno dei più grandi giocatori di sempre, tirava i primi canestri nel campetto della parrocchia di Montecavolo".

Chiudiamo con alcune cifre, che fanno capire che Kobe Bryant e il basket erano la stessa cosa: in venti anni di carriera, tutti con la canotta giallo-viola dei Los Angels Lakers, ’Black Mamba’ ha vinto 5 titoli Nba, segnato oltre 33mila punti e giocato 18 volte l’All Star Game. Ha smesso a 38 anni.