La locanda ’medievale’ con la piscina sul tetto

Nel cuore del centro un’antica residenza di famiglia ristrutturata diventa un nuovo luogo di ospitalità. Nel ristorante gli chef dell’Alma

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di Lara Maria Ferrari

L’immobile di suo gusto, che soddisfacesse il desiderio di far rinascere a nuova vita un edificio usurato dal tempo, Domenico Rocca l’ha sempre avuto davanti agli occhi. E nel cuore. Quella che oggi porta il nome di Locanda La Concia, nella via omonima, era la casa di famiglia di questo quarantenne reggiano, co-fondatore dello studio Eligo a Milano, dove si è trasferito 22 anni fa per fare l’interior designer. Un luogo in cui nella facciata ritinteggiata con il ‘color d’aria’ che piaceva a Borromini – verde o azzurro chiaro, a seconda dell’illuminazione solare – si inserisce il rosso deciso del portone d’ingresso. "A Parigi ho preso l’idea del portone, distante dai canoni reggiani", spiega Rocca. La Concia accoglie viaggiatori italiani e stranieri in cerca di una coccola rigenerante in una piccola città d’arte, dove poter assaggiare piatti locali in un’atmosfera che interseca focolare domestico e ispirazione europea. La locanda ha attratto l’attenzione dei divi Adam Driver e Penelope Cruz, che vi hanno trascorso alcune pause dalle riprese di ‘Ferrari’, il film che Michael Mann ha girato in città; tutta la produzione (Patrick Dempsey compreso) ha soggiornato qui. A raccontarci che cos’è la Concia, il progettista Paolo Bedogni e il proprietario Domenico Rocca (assieme, nella foto sopra). "In questa via sorgeva la casa di gioventù di mia mamma, che vi abitava con nonna e parenti – spiega Rocca –. Quando la nonna si è trasferita, la casa ha subìto un logorio dovuto all’abbandono durato una trentina d’anni. Ho capito che per riportarla a nuova luce serviva una forte mano dal punto di vista architettonico. Durante un viaggio ad Anversa, mi è venuta l’idea. Da quelle parti sono più abituati a ibridi fra accoglienza e ristorazione, mentre noi italiani facciamo fatica a causa delle leggi e del nostro approccio mentale a ibridare le funzioni. Mi piacque un grande piano attico, con varie stanze pronte per l’affitto, che mi diede l’ispirazione di creare, invece dei canonici appartamenti, qualcosa di più interessante".

Incalza l’architetto Bedogni: "La cosa bella è che fra me e Domenico corre una lunga amicizia, e questo ci ha permesso di avviare una progettazione architettonica vincente. La cosa fondamentale da cui siamo partiti è un’analisi della tipologia dell’edificio. Dello spirito del luogo. Esso lambisce via Asineria e via del Guazzatoio, molto importanti nell’evoluzione urbanistica di Reggio. Via Asineria prendeva il nome dalle stalline per il ricovero degli asini e via del Guazzatoio era il nostro asse romano. In epoca seicentesca qui esistevano 4 mulini in cui convergevano le acque. Volevamo preservare lo spirito del posto e grazie all’intuizione di Domenico e famiglia possiamo dire che si respira un’aria medioevale". Le fonti d’ispirazione? "Il nostro intervento è stato un grande cocktail in cui abbiamo mischiato tradizione e contemporaneità. Si vede nella riproduzione delle porte del tempo, negli innesti super contemporanei. Nella ripartizione delle stanze, con vetri cannettati vedo-non vedo. Qui gli armadi di tradizione reggiana calzano perfettamente. Abbiamo enfatizzato il bello tra antico e moderno, mettendo in evidenza i voltini nascosti. La facciata, molto discussa, è frutto di analisi stratigrafiche".

La struttura vanta dettagli di pregio. "Abbiamo creato una terrazza sui tetti con una piccola piscina di ispirazione parigina – prosegue l’architetto –. Tutto è stato realizzato nei canoni attuali di ecologia edilizia, compreso un sistema nascosto di ammodernamento tecnologico che si basa su sostenibilità assoluta".

L’idea di ospitalità "si fonda su un piano di business studiato perché la struttura si regga da sola – chiosa Rocca –. Esiste un team delle stanze e un team in cucina. E se l’operazione funziona, è mio interesse replicarla. La piccola-media provincia è una grande linfa per un turismo che cerca una vicinanza vera". In cucina "tutti ragazzi di poco sopra i vent’anni, provenienti dalla scuola di Alma. Non è un ristorante tradizionale, ma un bistrot. È una scelta, così come quella dei vini, tutti naturali, e del pane a lenta lievitazione".