"La nuova variante? Ci sono preoccupazioni"

Il dottor Pietro Ragni, esperto di prevenzione delle infezioni: "Si teme che possa eludere l’immunità sia da vaccino che da pregresso Covid"

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"Questi mesi ci hanno insegnato che è bene evitare previsioni facili. Per le poche certezze che abbiamo si sa che la variante c’è e il virus è mutato in una decina di punti. Stando alle prime informazioni, è capace di eludere l’immunità data sia dal vaccino che da pregresso Covid: è questo l’elemento di preoccupazione". Nel panorama attuale che è parso più tranquillo del solito, visti gli ultimi due anni, sta comparendo la nuova minaccia della variante sudafricana. Il dottor Pietro Ragni, medico di sanità pubblica ed esperto in prevenzione delle infezioni, nonché ex-risk manager dell’azienda Usl locale, chiarisce qual è l’elemento su cui concentrarsi.

LA CONTAGIOSITA’. "Quanto questa nuova variante sudafricana, ribattezzata Omicron, sia contagiosa è un aspetto che può essere capito solo nel tempo - considera il dottor Ragni -. Com’è noto è scattato l’allarme internazionale e si sta cercando di tenerla confinata, ma bisogna osservare le dinamiche della variante stessa, prima di riuscire ad anticiparla".

Ci siamo già passati, con la variante Delta. "Nel fare il salto dalla variante Alfa a quella Beta, quindi il periodo della prima ondata, il virus si è comportato in un modo simile: indicativamente, su dieci persone erano due quelle realmente contagiose, soggetti che vengono identificati come ‘super diffusori’ - spiega -. Tenere sotto controllo loro significava avere il più possibile sotto controllo la situazione. La Delta ha cambiato le carte in tavola di nuovo, perché chi si infettava era automaticamente anche contagioso". Tanto cambiano le varianti nel loro comportamento, tanto devono modificarsi le dinamiche di controllo della malattia. "Pur trattandosi sempre di Covid - aggiunge - le dinamiche di propagazione possono essere molto diverse tra loro, l’unica arma dall’efficacia sicura è la prudenza". Contro la sudafricana sembra infatti che non tenga nemmeno il vaccino: "C’è da dire - puntualizza il dottor Ragni - che con i vaccini a mRna la tecnologia di sostituzione del genoma che viene usata è molto rapida. Il tempo che va da quanto l’azienda produttrice sostituisce il genoma al momento in cui il vaccino finito arriva in laboratorio, è di circa 100 giorni. Possono sembrare tanti, ma con qualsiasi altro vaccino l’attesa potrebbe durare anni".

VACCINAZIONE ETEROLOGA. Un tema che ancora suscita non poche perplessità: il fatto di aver iniziato il ciclo vaccinale con un vaccino e ora continuare con un altro. La cosa interessa soprattutto i vaccini a vettore virale, ossia Johnson&Johnson e AstraZeneca, che hanno iniziato alla pari dei vaccini a Rna messaggero (Pfizer e Moderna) per essere poi bloccati, col sopraggiungere di rari casi di trombosi in seguito alla somministrazione. "Si è visto anche - precisa Ragni - che chi ha fatto le prime due dosi, o il monodose, con AstraZeneca e Johnson&Johnson, ora facendo il richiamo con vaccino a mRna è ancora più protetto. Una sorta di ‘rivincita’ per questi due vaccini, che oggi arrivano a indici di immunità migliori, rispetto a chi ha fatto sempre la vaccinazione con Rna messaggero".

L’ANTINFLUENZALE. L’ultimo invito del dottor Ragni è a non trascurare un’altra tipologia di vaccinazione, ovvero quella contro l’influenza. "L’influenza ha ‘saltato’ l’inverno scorso e buona parte del precedente - spiega -. Gli effetti di questa cosa si vedranno solo tra qualche mese, ma intanto è senza dubbio prudente vaccinarsi". Il nostro corpo, dopo due anni di lockdown e contatti limitati, può essersi in un certo senso disabituato a certe virosi che di norma si manifestano in questo periodo dell’anno. "Nel dubbio - conclude il dottor Ragni - visto che è un vaccino estremamente più maneggevole, consiglio caldamente il vaccino a tutti, ancora di più alle persone che hanno complicanze e chi lavora a contatto col pubblico".

Giulia Beneventi