Le mille storie dei fattorini "La tua salute? Conta poco"

Il racconto di Alberto Seligardi: "Un collega è caduto e ha chiesto aiuto. L’assistenza gli ha ordinato di recuperare le pizze dalla spazzatura"

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"Il contratto di JustEat ha cambiato tutto, non ci sono dubbi. Ma solo perché sotto lo zero non si può andare. Qualsiasi tutela in più è meglio di non averne, ma i problemi rimangono tanti, troppi".

A parlare è Alberto Seligardi (il primo da sinistra nella foto), 28 anni, reggiano, non più rider da circa un mese ma portavoce della neonata Associazione Riders Union, avente lo scopo di rappresentare la bistrattata categoria dei ‘ciclofattorini’: "Siamo un’unione di riders non legalmente riconosciuta, nata sull’onda di tante realtà analoghe costituitesi nell’ultimo anno e mezzo in città italiane ed europee. Il nostro scopo è quello di unire i lavoratori e difenderne i diritti, spesso calpestati". Alberto ci racconta, con dovizia di particolari, com’è la situazione dei riders nella nostra città, anche a seguito dell’inserimento di questa categoria nel contratto collettivo nazionale di ‘Logistica, Trasporto, Merci e Spedizioni’, stipulato ad aprile scorso dalle associazioni sindacali e JustEat, una delle principali piattaforme di ordinazione e consegna pasti: "Ora ci vengono riconosciute ferie, Tfr, Infortunio e malattia, certo, ma rimane comunque un contratto ‘zoppo’: i riders di JustEat sono tutti part-time, con contratti di 10 ore a settimana, che possono diventare 30 ma solo per chi ha mezzi veloci (come la bicicletta elettrica; ndr).

Il fatto è che così non può essere un primo lavoro, ma solo un modo per arrotondare, nonostante per molti riders la volontà sia proprio quella di ottenere un full-time".

Una cosa che Alberto tiene a sottolineare sono le assurde dinamiche di relazione tra lavoratore e ‘capo’, peculiari delle piattaforme di food-delivery: "Un collega stava consegnando delle pizze in bici, cade e – ovviamente – le pizze sono da buttare. Decide allora di contattare l’assistenza (i riders possono confrontarsi con il centralino solo via chat, mentre a parti inverse vengono contattati telefonicamente a causa di irregolarità nei pagamenti o ritardi nelle consegne; ndr) e di tutta risposta si sente chiedere ‘facci vedere le pizze’, perché non gli credevano.

Ha dovuto tirarle fuori dalla spazzatura. Rendiamoci conto: JustEat non sapeva nulla del suo stato di salute, e nemmeno gliene importava. L’unica cosa che conta è il prodotto.

Hanno chiamato un altro rider per recuperare le pizze e portare a termine la consegna".

E cosa potrebbe fare di più il Comune, per salvaguardare questa categoria?

"Anzitutto avrebbe potuto evitare di farci fare la mozione popolare, con cui abbiamo raccolto oltre 500 firme. Ci siamo mobilitati in questo modo perché da marzo - ovvero da quando abbiamo iniziato tramite mail, lettere, telefonate e social a entrare in contatto con l’Amministrazione per chiedere un confronto – non siamo mai stati ascoltati.

Quello che chiediamo è un tavolo di confronto permanente aperto a tutti in cui poter discutere di viabilità, punti di riparazione veloce in Centro storico, tettoie per le bici e bagni pubblici aperti fino a tardi, dato che in periodo Covid i riders non possono nemmeno usare quelli dei ristoranti.

I Riders Point? Completamente inutili, perché fuori dai ‘radar’ abituali dei ciclofattorini. E poi, anche poco sicuri: immaginatevi una rider donna, da sola, ad aggirarsi per via Turri a notte fonda…".

Francesco Giro