Maradona e Maurizio Neri: "Ho vinto con Diego. Aveva un dono di Dio"

I ricordi dell’ex granata. "Arrivai a Napoli e non mi salutò. Il giorno dopo venne da me: scusa, avevo litigato con Ferlaino..."

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Reggio Emilia,  27 novembre 2020 - "Ho sperato per un paio d’ore che la notizia della morte di Diego venisse smentita. Quando è stata confermata, i ricordi dei momenti passati insieme hanno preso il sopravvento. Mi rimbombano tuttora nella testa, ieri sera ho fatto fatica ad addormentarmi, ho guardato tutti gli speciali su di lui in tv...".

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Chi ha avuto la fortuna di giocare assieme a Diego Armando Maradona è Maurizio Neri, 55 anni, ex granata (prima nell’87-‘88 e poi nel ‘98-‘99) e ora tecnico delle giovanili del Sassuolo, che vive nella nostra città dopo essersi sposato con una reggiana. L’attaccante nell’88-89 approdò nel magico Napoli del Pibe de Oro, vincendo la Coppa Uefa.

Maurizio, cos’è stato Diego per lei? "Abita in quell’Olimpo ristretto solo ai numeri uno. È un personaggio verso il quale è impossibile non essere attratti. Chi ha avuto il privilegio di viverlo come me, ha avvertito il carisma, la personalità e quell’energia particolare che emanava. In quel Napoli c’era pure Careca, che non era l’ultimo arrivato rispetto a queste qualità. Ma Diego era una calamita. Ed era il numero uno sul campo. Inarrivabile. Aveva un dono di Dio".

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Numero uno sul campo, ma fuori è ancora molto discusso. "Era unico anche fuori. Ha pagato i suoi errori, la sua generosità, quella di dare a tutti e ricevere nulla in cambio, se non spesso solamente fregature. È da quando l’ho conosciuto che litigo con chiunque ne tracci un ritratto sbagliato. Se qualcuno la pensa diversamente, anziché ora denigrarlo, stia zitto che fa più bella figura. Si rispetti l’amore di chi ha avuto l’onore e il piacere di conoscerlo e apprezzarlo".

Apriamo il libro dei ricordi. Il suo arrivo a Napoli? "Avevo 23 anni e il Napoli mi acquistò al mercato di riparazione dall’Ancona e partii subito per Soccavo (centro sportivo dei partenopei, ndr). Ero come un bambino che non desiderava altro che vedere Maradona. Ma una volta arrivato, non c’era. Non avevo il coraggio di fare domande, non sapevo cosa pensare. Poi arrivò quasi ad allenamento finito. Fece una seduta individuale, praticamente solo palleggiando con le scarpe slacciate. Non parlò con nessuno. Rimasi deluso e feci fatica a dormire la notte. Pensavo: quindi questo è Maradona? Non gliene importa nulla dei compagni".

E il giorno dopo? "Nello spogliatoio lo vidi entrare e abbassai gli occhi. Mi venne incontro e mi disse con una semplicità disarmante: ‘Ciao, piacere. Io sono Maradona. Benvenuto al Napoli, Maurizio. Ti chiedo scusa per ieri, avevo litigato con Ferlaino ed ero arrabbiato. Ma da oggi se hai bisogno di qualsiasi cosa, sono a tua disposizione’. Ecco, questo era Diego, così come nel giorno del mio debutto in Serie A".

Racconti. "Era l’11 dicembre dell’87 a Verona. A 20 minuti dalla fine, mister Bianchi mi butta dentro. Mi tremavano le gambe. Si avvicina Maradona e mi dice: ‘Sta tranquillo, se non sai cosa fare, passala a me che ci penso io...".

Lei poi fu ceduto al Pisa l’anno successivo. Vi siete più incon tra ti? "Sì, io giocavo alla Lazio e lui al Siviglia dopo essere andato via da Napoli. Venne organizzata un’amichevole in Spagna per il suo ritorno dopo la prima squalifica per doping. In pullman i compagni mi sfottevano: ‘Non si ricorderà mai di te...’. Arriviamo allo stadio e lui bussa agli spogliatoi. ‘Dov’è Renato?’, disse. Mi chiamava così perché gli ricordavo l’ex calciatore brasiliano Portaluppi per i capelli lunghi e i calzettoni abbassati. E alla fine della partita volle scambiare la maglia con me, lo fece in diretta tv mentre stava rilasciando un’intervista. Quella maglia assieme a un’altra sua del Napoli e un quadretto che ci ritrae assieme con tanto di dedica, sono come reliquie. Sul muro ho anche l’invito che mi mandò per il suo matrimonio in Argentina con la moglie Claudia Villafañe. Ma giocavo al Pisa e l’allora presidente Anconetani purtroppo non mi diede il permesso...".

Poi vi siete persi di vista? "No, anzi. Fino al 2005 siamo stati spesso insieme in Romagna, a Gatteo Mare e Cesenatico dove veniva spesso ospite di Salvatore Bagni. Cenavamo, giocavamo a beach soccer. Ho portato tanti amici a conoscerlo e lui è sempre stato disponibile. Dopo ha cominciato ad avere diversi problemi e avevo notizie di lui solo attraverso gli ex compagni Ciro Ferrara, Andrea Carnevale, Giancarlo Corradini".

Come si può spiegare il rapporto che ha avuto con Napoli?

"Non si può spiegare. Solo chi ha avuto la fortuna di viverlo, può capire. Ma da quando alleno i giovani, ho sempre parlato di lui perché alle nuove generazioni sono arrivate solo immagini distorte. Dico loro di guardare il film documentario di Kusturica che per me è il più fedele. Racconto loro di cosa faceva in allenamento perché purtroppo all’epoca la tecnologia non era così sviluppata. Ho visto giocate incredibili, lui si divertiva come un bambino, in campo era felice. Ed è impossibile trovare un solo compagno che parla male di lui. E se lo trovate, non vi fidate perché vuol dire che è impazzito...".