Omicidio Iazzetta, rinviato a giudizio lo slovacco Milan Racz

Il 34enne è accusato d’aver ucciso per gelosia Aniello Iazzetta, 51 anni. L’indagato venne preso mentre si stava imbarcando

Lui sostiene di non aver ucciso il 51enne Aniello Iazzetta.

Secondo il pm Valentina Salvi, invece, l’autore materiale della sua morte è lo slovacco 34enne Milan Racz, per il quale ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio, disposto ieri dal gup Dario De Luca.

Una sua amica ucraina è invece accusata a piede libero di favoreggiamento.

La difesa di Racz, affidata agli avvocati Rosanna Beifiori e Mattia Fontanesi, è intenzionata a dare battaglia, come avvenuto già ieri davanti dal giudice, a partire da alcune contraddizioni ravvisate.

Il processo in Assise è stato fissato in gennaio, davanti alla Corte presieduta dal giudice Cristina Beretti. Iazzetta era stato trovato senza vita nel giugno dell’anno scorso nella sua casa di via Stalingrado.

Poche ore dopo Racz era stato fermato al porto di Genova, in compagnia dell’amica, mentre si stavano per imbarcare, con tutta probabilità, per la Francia. Per il 34enne il pm Salvi, che ha coordinato gli accertamenti dei carabinieri, ha formulato l’accusa di omicidio aggravato dai futili motivi e dall’aver agito con crudeltà.

E anche di furto del cellulare e delle chiavi di casa della vittima.

Il cadavere era stato trovato tre giorni dopo l’omicidio, riverso sul letto, dal vicino che con lui condivideva il bagno e non aveva più contatti con lui da qualche tempo.

Ieri mattina la difesa ha sollevato una questione relativa all’accusa, sostenendo che non si tratti di omicidio volontario ma preterintenzionale: "La consulenza medico-legale ha dato atto che la morte è avvenuta alcune ore dopo - sostiene l’avvocato Beifiori - ed è stata accelerata da un’intossicazione alcolica acuta, che è stata riscontrata.

I parenti di Iazzetta hanno affidato all’avvocato Andrea Davoli il compito di rappresentarli in questa vicenda: non si sono costituiti parte civile. In passato era emerso un possibile novembre legato alla gelosia, che i familiari non avevano però avallato. Gli avvocati dell’imputato sollevano dubbi anche sulla dinamica di una possibile colluttazione: "Il nostro assistito non aveva segni di testate nè di pestaggio sulle mani - prosegue Beifiori -. È strano anche che il vicino, pur abitando in soffitta, non si sia accorto subito che in casa c’era un cadavere".

Alessandra Codeluppi