Coronavirus Reggio Emilia, Oss contagia moglie incinta. "Ma mia figlia è nata sana"

Un operatore di una casa di riposo si ammala: "La mia compagna è andata dai suoceri quando ho avuto i sintomi. Ora anche loro stanno male"

Cristiano Lugli di Casina e la moglie Monica Madini

Cristiano Lugli di Casina e la moglie Monica Madini

Reggio Emilia, 30 aprile 2020 - Vite sconvolte dal Covid, comprese quelle che ancora non erano arrivate. Vite da separati in casa, e non certo perché mancasse l’amore, ma anzi perché era forte e doveva preservare una donna e la piccola che portava in grembo, con il sacrificio della distanza forzata. Ora Cristiano Lugli, 27 anni, di Casina, finalmente si stringe alla moglie e alla loro piccola, che ha appena nove giorni. Di certo lui non dimenticherà quest’aprile che se ne va, in cui il virus tanto ha inciso sulla sua famiglia. Il Covid ha colpito gli uomini di casa, entrambi impegnati a combatterlo: innanzitutto lui, giovane operatore socio sanitario di una casa di riposo reggiana, e poi l’anziano padre, 67 anni, volontario della Croce Rossa e della Protezione civile. E anche le donne. La moglie di Lugli, la 37enne Monica Madini, il 21 aprile ha dato alla luce all’ospedale Santa Maria Nuova la piccola Gemma Linda, sapendo di essere malata, seppur asintomatica. E pure la madre dell’operatore si è infettata. Prima Lugli ha vissuto la fatica del lavoro per gli anziani, tra morti, malati, e pure i colleghi infettati, mentre l’ansia di essere contagiato e di poter trasmettere il virus ai genitori e soprattutto alla moglie ormai a fine gravidanza, cresceva, finché non è diventato realtà. «Ho avuto i primi sintomi il 9 aprile, il giovedì santo. Ero al lavoro e a fine turno il termometro segnava 37,4 gradi – racconta Lugli –. Proprio nei giorni pasquali ho avuto la fase acuta: febbre a 38, tosse e dolore osseo. Non riuscivo neppure a stare in piedi. Altroché banale influenza: ho passato giorni d’inferno. E al mercoledì ho avuto dal tampone la certezza del contagio".

Già nei giorni precedenti ai sintomi, lui e la moglie Monica avevano deciso di separarsi in casa: "Lei dormiva in una stanza con Tommaso, nostro figlio di tre anni, io in un’altra. Usavamo le mascherine, tenevamo le stoviglie separate e andavamo in due bagni diversi. Mai come in quei giorni, poco prima della nascita della bambina, ci sono mancati gli abbracci". Quando Lugli sta male, lei, pancione e valigia, si trasferisce nella casa dei suoceri in paese. «Ma dal 20 aprile pure mia madre, 57 anni, ha cominciato ad avere sintomi e si è isolata. E mio padre sentiva la febbre. Allora mia moglie è tornata a casa nostra il 20 aprile e, proprio quella sera, a 37 settimane di gravidanza, forse per la tensione, ha avuto le doglie". Il 118 trasporta la donna all’ospedale di Reggio. "Quando Monica ha detto che io ero malato, è stata trasferita in un reparto Covid. Ha trascorso la notte da sola e il giorno dopo ha partorito da sola. Io le scrivevo messaggi, ma a un certo punto non mi ha più risposto. Un silenzio di due ore, poi ho chiamato l’ospedale e l’infermiera mi ha detto che era nata mia figlia. Mia moglie era positiva, ma senza sintomi, e la bambina negativa. Lei è rimasta ricoverata tre giorni: sentiva angoscia e solitudine, ma è stata eroica nel non lasciarsi andare". Al piccolo Tommaso, scombussolato e irrequieto, i genitori hanno cerca to di spiegare ciò che stava succedendo. Ora Lugli è preoccupato per il padre Rodolfo, 67 anni: "Da otto giorni la febbre non passa. Fatica a mangiare e a dormire. Speriamo...". La madre Morena Tincani sembra stare meglio. "A volte mi sento in colpa, perché non sono riuscito a preservare i miei cari. Ma molti contagiati sono stati operatori di ospedali e case di riposo, persone che hanno una famiglia. Alla fine bisognerà esaminare quali siano state le falle nel sistema di protezione del personale". Lugli ha lo sguardo stanco, e solo Gemma Linda sembra dargli la forza della vita che prova a non arretrare.