Paolo Pietrostefani tra i 50 latitanti 'rossi'. Dalle Reggiane al delitto Calabresi

Condannato a 22 anni, vive in Francia grazie alla ‘dottrina Mitterand’

LA SCARCERAZIONE Un’immagine dell’agosto 1999: viene accolta la richiesta di un nuovo processo e Adriani Sofri e Giorgio Pietrostefani, scarcerati, salutano dalla finestra della Questura di Pisa. Sofri non fuggirà e sconterà la pena, pur dichiarandosi innocente. Pietrostefani è invece fuggito in Francia

LA SCARCERAZIONE Un’immagine dell’agosto 1999: viene accolta la richiesta di un nuovo processo e Adriani Sofri e Giorgio Pietrostefani, scarcerati, salutano dalla finestra della Questura di Pisa. Sofri non fuggirà e sconterà la pena, pur dichiarandosi innocente. Pietrostefani è invece fuggito in Francia

Reggio Emilia, 15 gennaio 2019 - «Stiamo lavorando per assicurare alla giustizia i latitanti terroristi di qualsiasi colore: rossi, neri, bianchi, verdi». Nel mirino del ministro dell’interno Matteo Salvini, dopo l’arresto di Cesare Battisti, c’è anche l’ex dirigente delle Reggiane, Giorgio Pietrostefani, condannato a 22 anni per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi e latitante in Francia, protetto dalla ‘dottrina Mitterand’. La stessa che aveva protetto a lungo lo stesso Battisti.

L’arrivo di Battisti dalla Bolivia ha riaperto la ferita delle decine di latitanti, spesso protetti in Francia nonostante le condanne inflitte per omidici. Tra i nomi spicca quello di Pietrostefani che proprio a Reggio venne arrestato, accusato di essere uno dei mandanti (insieme all’altro esponente di Lotta Continua, Adriano Sofri) dell’omicidio Calabresi.

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Storie che alla fine si divideranno. Sofri affronterà la galera, pur rivendicando la sua innocenza. Pietrostefani era tornato una prima volta in Italia, annunciando che «un innocente non può scappare, perchè se scappa è colpevole». Era il gennaio del 1997: Pietrostefani si presentò al carcere di Pisa, dove si trovavano già Sofri e Ovidio Bompressi. Dopo due anni arrivò la scarcerazione, in attesa del processo di revisione. Pietrosferani fece in tempo a confermare che era assurdo pensare a un suo pericolo di fuga. Poi sparì.

Da allora è latitante. È riuscito a strappare la sua vita al carcere, a una condanna per omicidio. È tornato in Francia, dove già viveva prima di essere accusato del delitto. Anche per lui, come per molti italiani latitanti per fatti legati agli anni di piombo, non sono mancate le manifestazioni di solidarietà da intellettuali di sinistra, uno schiaffo al dolore dei familiari delle vittime.

A Reggio resta l’immagine, sempre più lontana, di un manager brillante delle Reggiane, nato a L’Aquila e capace di una grande carriera che lo aveva portato nella nostra città. Poco prima delle manette era stato inserito nel Consiglio di amministrazione. I carabinieri lo arrestarono mentre si preparava a partire per trattare un’importante commessa commerciale. Una persona autoritaria e capace di imporsi, arrivato ai vertici di Lotta Continua. Ora ha 75 anni, comunque vada è già riuscito a vivere gran parte della sua vita in libertà. E se Battisti è stato tradito dai social, su twitter si trova anche un Giorgio Pietrostefani parigino che si destreggia tra calcio, Calenda e Umberto Eco.