Processo Aemilia, l'affondo della Masini

L'ex presidente della Provincia: "Chi ha cercato di isolarmi era nel Pd"

L'ex presidente della Provincia Sonia Masini a deposizione

L'ex presidente della Provincia Sonia Masini a deposizione

Reggio Emilia, 14 luglio 2017- «Discriminati i cutresi? Persino un volo aereo c’era per Cutro, abbiamo intitolato una via, partivano i pellegrinaggi. Li abbiamo accolti nelle nostre case. Accolti e aiutati. A un certo punto a Reggio persone che venivano da Cutro hanno avuto un potere enorme, fin troppo. Ma col passare del tempo, di fronte a tutte queste condanne e alla loro reazione di vittimismo, ci siamo resi conto che qualcosa andava cambiato. Credo che alla fine siamo stati fin troppo ingenui, troppo accoglienti. Ma dovevamo essere più vigili».

È un affondo senza precedenti, quello della ex presidente della Provincia Sonia Masini. Chiamata a testimoniare dalla difesa di Gianluigi Sarcone, nel processo Aemilia, ha colto l’occasione di togliersi più di un sassolino dalle scarpe. In primis, nei confronti del suo partito, il Pd, che a un certo punto le ha «gentilmente chiesto di farsi da parte» e dal quale è stata «isolata». Lo stesso partito che invece ha preferito optare per una «deroga nazionale nei confronti del consigliere comunale di origini cutresi Salvatore Scarpino, inserito ed eletto per la terza volta nelle liste del consiglio comunale». Lo stesso Scarpino «che mi aggrediva verbalmente, in maniera pesante, ogni volta che chiedevo ai cutresi di parlare e ribellarsi, in occasione degli episodi di criminalità sempre più spesso collegati a soggetti calabresi».

Un’ora di deposizione, senza soluzione di continuità quella dell’ex sindaco di Ramiseto. Senza peli sulla lingua. Libera di parlare, ora che non riveste più ruoli istituzionali.

L’avvocato Vezzadini, ha provato a incalzare sulla sua tesi. C’era in quegli anni (2009-2012) sui giornali una equazione cutrese-mafioso? «Mai. Mai un’equazione di questo genere – taglia corto Masini –. I giornali riportano notizie, anche sintetiche. Ma emergevano, dalla cena, dalle interdittive, che molte persone protagoniste avevano origine cutrese. Io non penso che i giornali abbiano mai voluto sovrapporre questa tesi. E non ho la percezione che ci sia stata una campagna contro i cutresi. Anzi, devo dire che la libera stampa ci ha aiutato raccontando dei fatti. Sono quei fatti che alimentano il pregiudizio. Non la stampa. Dobbiamo ringraziare la buona stampa che ci ha aiutato nella consapevolezza. È chi ha commesso il delitto che danneggia anche la sua comunità, non il fatto che venga raccontato».

Discriminati? Generalizzazioni nei loro confronti?, insiste il legale. «Nessuno ha mai avuto rappresentanti come loro, non i campani, non i sardi, non i friulani. Credo che alla fine siamo stati fin troppo ingenui».

Ha parlato di «comportamenti omertosi, sfuggenti, che hanno delle ombre, che tendono a ripetere le stesse frasi, le stesse cose. ‘Siamo persone oneste, io penso a me’. Una come me è abituata a una cultura aperta non può accettare reticenze». Poi, ha iniziato ha ripercorrere, a ritroso, la sua esperienza sul campo. «La prima volta che dissi ‘cutresi parlate’ era il 2004, dopo una retata di usura. Ma alle mie esternazioni ebbi una reazione molto dura da parte dei fratelli Sarcone, prima Gianluigi poi Nicolino. E questo mi causò preoccupazione. Non ho mai ricevuto minacce esplicite. Ma intimidatorie sì; ed è così quando si crea un contesto e tutti quelli intorno cercano di importi il da farsi. Le interviste dei Sarcone ad esempio, inquietanti, in cui si chiedono perché io dovessi fare quegli appelli, di cosa mi impicciassi. Ma era mio dovere intervenire, io ero rappresentante».

Un altro episodio, poi. «Un’altra situazione in cui mi sono trovata molto a disagio». Gennaio 2015 incontro del Pd in via Martiri della Bettola. «Andai a questo incontro perché c’era appena stata l’operazione Aemilia. C’era un certo fermento. Ero iscritta al partito e pensavo di trovare là tanti iscritti di varie origini. Andai e trovai invece la sala per l’80% popolata da gente di Cutro. Io intervenni e dissi che bisognava ribellarsi e collaborare con i magistrati. Notai un certo silenzio. Poi parlò Scarpino in maniera molto aggressiva e mi disse alzandosi in piedi ‘tu la devi smettere di dire che la processione di Cutro non è una cosa perbene, perché tu ci danneggi’. E io quando lo sentii parlare capii che di comunanza con quella persona non ce n’era più da tempo. Usava il linguaggio di una persona che accetta determinate situazioni e la trasforma in vittimismo».

Infine, la stoccata. «La cosa che mi ha fatto male e mi fa male è che tra queste persone che cercano anche oggi di isolarmi ci sono persone che ho incontrato anche all’interno del mio partito. Persone che sono Salvatore Scarpino, Salvatore Salerno, Olivo e così via. Persone che noi abbiamo individuato come rappresentanti di persone perbene. Allora mi chiedo, ma chi abbiamo individuato? Perché non siamo andati fino in fondo? Perché a Olivo non è stato chiesto di dimettersi dopo la questione della cena? Anzi, è stato tra i fondatori dell’intitolazione di viale Città di Cutro. Perché a volte le aggressioni verbali e i tentativi di isolare le persone sono peggio di quelle fisiche».