Scontro tra cult nigeriani: "Mattanza alle Reggiane. Sangue fino al primo piano"

Il racconto dell’orrore di uno degli investigatori della squadra mobile "Quella notte agirono in modo squadrista". E poi parla dell’omertà.

Scontro tra cult nigeriani: "Mattanza alle Reggiane. Sangue fino al primo piano"

Scontro tra cult nigeriani: "Mattanza alle Reggiane. Sangue fino al primo piano"

"Sembrava una mattanza". Descrive così Cristian Dell’Atti, ispettore della squadra mobile, lo scenario apparso durante il sopralluogo in uno stabile delle ex Reggiane dove, nella notte del 22 ottobre 2018, si verificò una sanguinosa aggressione ai danni di tre nigeriani che lì alloggiavano. Secondo la ricostruzione investigativa, del gruppo facevano parte anche tre connazionali che la Dda di Bologna considera membri della confraternita mafiosa ‘Vikings’, emanazione in Italia del cult nigeriano: nella nostra città si scontrò con un altra fazione, gli ‘Eiye’, per conquistare il potere. Presenze, secondo l’ispettore, attive a Reggio già dal 2015. Nel processo davanti alla Corte presieduta da Cristina Beretti, a latere Luigi Tirone e Matteo Gambarati, sfilano con rito ordinario nove imputati, mentre altri nigeriani hanno scelto l’abbreviato. "Come scrisse il gip, quella notte agirono in modo squadrista", ha detto l’ispettore rispondendo al pm della Dda Roberto Ceroni: "I tre feriti furono colpiti con asce e coltelli. Dei due che condividevano il locale, uno ebbe lesioni sul braccio per 45 giorni, e si ritrovò il tendine tranciato; l’altro fu ferito alla mano". Sono tre le persone accusate dell’aggressione: Owolabi Momodou, imputato a Reggio; Randy Okoinem e Paul Ebi, irreperibili. Questi due feriti furono sentiti dalla polizia e riconobbero in foto i presunti autori di quel raid con bottiglie, accette, machete e asce. "Poi il gruppo si spostò in un’altra stanza dove trovò il terzo uomo, già aggredito il 3 settembre e vittima di tre rapine consecutive. Riportò lesioni gravi, con conseguenze per 30 giorni, e fu ricoverato d’urgenza". Pure lui, che quella notte fu anche rapinato, fece identificazioni in foto, indicando tra gli altri i tre accusati ed Ebi "che gli sferrò più colpi sulla mascella", più Happy Odigie (in ordinario) e Okoh Endurance (imputato in abbreviato). Nel sopralluogo fatto nell’immeditezza in presenza di un testimone, "furono repertate tracce ematiche e sequestrate una barra di metallo e una di plastica sporche di sangue, oltre a un machete poi dato da Toni Okundia". Le macchie rosse, dirà poi risponendo alla difesa, "andavano dalle scale al primo piano". Secondo la Dda, Okundia faceva parte del cult mafioso degli Eiye: e sarebbe stata proprio questa sua appartenenza a scatenare i Vikings contro la sua fidanzata di allora, che nel luglio 2018 subì violenza di gruppo alle ex Reggiane. Lei, che sporse denuncia il 27 ottobre 2018 quand’era stata presa in carico dalla Caritas, ha già raccontato in tribunale la sua terribile esperienza: ieri il poliziotto ha rievocato la sua sofferenza e il successivo trasferimento altrove, dovuto alla paura.

L’ispettore ha anche rievocato la paura delle vittime di segnalare gli abusi: "Le persone che furono ferite, se non avessero versato in gravi condizioni, o se la polizia non fosse accorsa, non avrebbero denunciato". E fa l’esempio di colui che fu aggredito il 3 settembre 2018: "Denunciò solo dopo, in sede di sommarie informazioni testimoniali".

Alessandra Codeluppi