Agroalimentare, l'export di Reggio Emilia vola

Rappresenta il 10% di tutto l'export emiliano romagnolo del settore

Parmigiano Reggiano: il re dei formaggi

Parmigiano Reggiano: il re dei formaggi

Reggio Emilia, 3 giugno 2019 - L’export dei prodotti agroalimentari nel 2018 dell’Emilia Romagna vola oltreconfine facendo segnare un +3,5% rispetto al 2017 e Reggio Emilia rappresenta ben il 10%. È quanto commenta Coldiretti Reggio Emilia in occasione della presentazione del Rapporto 2018, sul sistema agroalimentare dell’Emilia Romagna, frutto della collaborazione tra Regione Emilia-Romagna e Unioncamere regionale. Le ragioni di questo successo stanno nell’inestimabile valore del patrimonio rappresentato dalla biodiversità dei nostri prodotti, portati in eredità fino a noi dalla tradizione agricola della nostra regione. «Il successo della nostra agricoltura è anche il risultato di una crescita resa possibile della legge di orientamento 228/01, fortemente sostenuta dalla Coldiretti – commenta il direttore della Coldiretti di Reggio Emilia Assuero Zampini. Questa legge ha consentito alle imprese agricole di investire nella multifunzionalità e nella trasformazione diventando così protagoniste del mercato. Le aziende agricole, infatti, prima del 2001 potevano vendere latte e non formaggio, uva e non vino, un passaggio epocale». L’Emilia Romagna vanta 44 prodotti certificati, fra Dop e Igp, rappresentando un record europeo di certificazioni agroalimentari. Parmigiano Reggiano e vini Dop hanno saputo valorizzare le proprie peculiarità e farsi valere nel mercato globale, tenendo duro sul fronte della distintività e puntando sulla qualità. L’andamento della zootecnica regionale (2,4 miliardi di euro, +5,8%), infatti, ha superato per la prima volta il comparto delle produzioni vegetali (2,3 miliardi di euro, -4.7%). L’altra faccia della medaglia di un tale primato – continua Coldiretti Regionale – è che i nostri prodotti, per via del loro valore irreplicabile, sono soggetti a continui tentativi di imitazione. L’Emilia Romagna è infatti una delle regioni più colpite dal mondo dal fenomeno dell’italian sounding che ogni anno di fatto ruba ai nostri produttori oltre 2,5 miliardi di euro.