Lo show di Renzi. "La sicurezza si fa con l’integrazione"

Festa Pd a Villalunga. L'ex premier: "Bisogna abbassare le tasse"

Matteo Renzi

Matteo Renzi

Villalunga (Reggio Emilia), 4 agosto 2017 - Camicia bianca, illuminata dai flash, fuori dai jeans, si indica la pancetta. Arriva tra gli applausi Matteo Renzi, alla festa regionale del Pd a Villalunga. «Vengo da una partitella in spiaggia… Non molliamo…». Il segretario regionale dem Paolo Calvano scalda la platea: «Questa è la festa più bella d’Italia… ». Una signora grida dal pubblico. E Matteo risponde: «Il prossimo anno veniamo anche a Sant’Ilario, ma voi impegnatevi a vincere le elezioni…». L’ex premier scende dal palco, mi- crofono in mano. È un one man show, come piace a lui. Da solo, nessun moderatore. Oltre un migliaio di persone. La presentazione del suo libro è un pretesto («in tre parole vi dico cosa c’è dentro; poi facciamo passare il microfono, vediamo se funziona»).

Si lascia andare: «Dopo il referendum sono rinato, ho ritrovato il rapporto con le persone. Anche discutendo, prendendosi delle polemiche». Parla dei vitalizi, dei suoi orgogli («Berlusconi e Grillo dicono che gli 80 euro non servono a niente… Be’ forse servono forse di più a chi prende mille euro al mese che a un milionario o un comico»). Poi, dice, «la verità è che dopo anno che non si faceva niente, alcune cose si sono cominciate a fare dopo». Cita il suo rapporto, da qualcuno ritenuto “strano”, col Cavaliere di Arcore. Lo imita. Di nuovo, one man show. Tutti ridono. «Nel libro parlo delle cose del passato, tipo che non posso più dire ‘stai sereno’ a nessuno». E ancora: «La prossima legislatura dobbiamo fare un grande lavoro in Europa. Dobbiamo abbassare le tasse ancora, sono diminuite poco, rispetto a ciò che ci aspettavamo. Bisogna portare il deficit alla pari degli altri Paesi: almeno al 2,9. Dobbiamo farci rispettare in Europa».

Ecco che arrivano «i fratelli e sorelle migranti, devono accoglierli tutti». Giulio, seduto, lancia il tema dell’immigrazione: «Aiutiamoli a casa loro. È una frase coraggiosa, fuori dall’ipocrisia». «Grazie – risponde lui –. Aiutarli davvero a casa loro è interesse degli Europei e degli italiani, ma è innanzitutto interesse loro. Aiutiamoli a casa loro significa lavorare perché le grandi aziende investano là. Poi, non basta. Perché se partono e stanno in mare, noi italiani facciamo di tutto per salvarli tutti. Anche se dovessimo perdere punti nei sondaggi. Questo ci differenzia dalle persone prive di identità. Poi è chiaro che non possiamo accoglierli tutti noi. Dobbiamo avere un numero massimo di persone ed evitare di fare dei ghetti».

Gli altri non li accolgono? «Allora chiudiamo i rubinetti verso i Paesi dell’Est Europa che non li accettano. Ora aiutiamo il governo Gentiloni, perché il governo rappresenta l’Italia». Immigrazione e sicurezza, il tema caldo. «Guardate che a Lampedusa non arrivano i potenziali terroristi. Quelli nascono nelle periferie. Significa che dobbiamo investire tanto in cultura, integrazione. Non trasformare le nostre città in ghetti. Aprire una caserma, ma anche aprire una scuola. Questo vi dico a Reggio Emilia. Così si fa sicurezza». Per questo, dice, «la battaglia di cittadinanza è sacrosanta. Altrimenti si creano gli esclusi. Lo Ius Soli è un principio di buon senso. Ha fatto bene il Comune di Bologna a togliere la patria potestà ai genitori che impedivano alla ragazzina di andare a scuola senza velo». Continua, è un fiume in piena. «Non molliamo», dice.