Artrosi del pollice dopo i 50 anni. Le donne categoria più colpita

La dottoressa Russomando: "Disturbo collegato alla menopausa"

La dottoressa Antonia Russomando

La dottoressa Antonia Russomando

Reggio Emilia, 9 marzo 2019 - L'artrosi del pollice è, soprattutto nelle donne sopra i 50 anni, un disturbo molto frequente. Non tutti sanno che si può curare con la chirurgia. Ne parliamo oggi con la dottoressa Antonia Russomando, ortopedico di Villa Verde, specialista appunto nella chirurgia della mano.

Dottoressa Russomando, perché l’artrosi del pollice colpisce in misura molto maggiore le donne?

«Perché è strettamente correlata con la menopausa. Il rapporto è di un uomo colpito ogni quattro donne».

Quali sono i sintomi con cui si manifesta?

«Essenzialmente la comparsa di dolore alla base del pollice e progressivamente l’alterazione del profilo anatomico. Ci si accorge che si forma una sorta di gibbo che diventa molto dolente. A volte il dolore e la difformità portano a una perdita di forza soprattutto nella presa pollice-indice (ad esempio i piccoli oggetti cadono di mano). E non va confusa con un’altra patologia».

Quale?

«Il tunnel carpale che è cosa completamente diversa».

Quali sono i fattori di rischio che possono determinarla?

«L’artrosi è una malattia degenerativa caratterizzata dalla progressiva usura della cartilagine articolare. In questo tipo di artrosi, come dicevamo, le donne sono più predisposte un po’ per familiarità, un po’ per fattori ormonali. Spesso è correlata allo svolgimento di lavori pesanti. Nelle persone giovani può anche essere la conseguenza di un trauma che altera l’anatomia e provoca uno sviluppo precoce dell’artrosi».

La diagnosi come si fa?

«Una semplice radiografia».

Come si cura?

«La terapia dipende dallo stadio della malattia, dall’età del paziente e anche dal tipo di lavoro».

Quali sono gli stadi della malattia?

«Gli stadi precoci sono caratterizzati da un dolore intermittente. In questo caso il paziente può trovare giovamento da terapie conservative (laser, ultrasuoni, farmaci anti-infiammatori). Ma è importantissimo l’utilizzo di un tutore: il beneficio maggiore si trae dall’utilizzo notturno anche quando il dolore non c’è perché la funzione è anche quella di prevenire le recidive. Di giorno va usato quando si manifesta il dolore».

Quando diventa inevitabile il ricorso alla chirurgia?

«Se il dolore diventa continuo e il paziente perde forza e mobilità, la chirurgia rappresenta una soluzione definitiva nel senso che toglie il dolore e migliora la funzionalità».

In cosa consiste l’intervento?

«Ce ne sono tanti tipi. In uno stadio iniziale con un paziente giovane si ricorre a tecniche meno invasive: in artroscopia si pulisce l’infiammazione. In uno stadio avanzato se il paziente non fa un lavoro manuale pesante l’intervento più utilizzato ed efficace è la trapeziectomia artroplastica di sospensione, un intervento effettuato in day hospital. L’osso dove c’è l’artrosi (il trapezio) viene tolto completamente eliminando così l’artrosi. Il vuoto che rimane viene riempito utilizzato un pezzetto di tendine che viene ancorato a un altro tendine. Si crea così un tessuto fibrotico che consente al pollice di mantenere la mobilità senza più la cartilagine consumata».

Quanto tempo occorre per la convalescenza e la riabilitazione?

«La guarigione completa richiede almeno 4-5 mesi. Poi dipende dal tipo di lavoro. Per tre settimane bisogna comunque portare un tutore che immobilizzi l’arto prima di cominciare la fisioterapia».

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