GIAN ALDO TRAVERSI
Cosa Fare

Sarah Jane Morris a Rimini, Sweet Little Mistery svelato al Teatro degli Atti

La grande cantautrice inglese ospite di Crossroads rende omaggio a John Martyn, bonvivant del pop, blues e folk a lungo sottovalutato

Sarah Jane Morris, la cantante inglese che vinse un Sanremo con Cocciante

Sarah Jane Morris, la cantante inglese che vinse un Sanremo con Cocciante

Rimini, 12 marzo 2019 - Un’autrice matura, una vocalist che swinga con naturalezza nella scia delle grandi del passato: assistere a un concerto di Sarah Jane Morris è come contemplare l’immagine riflessa delle tante sfaccettature della songwriter dal cuore celtico che ritiene l’Italia la sua seconda casa. Quella che è considerata una delle chanteuse più accreditate del panorama internazionale, abile nel tempo a diversificare il repertorio passando dal jazz alla canzone d'autore stasera (21.15) al Teatro degli Atti di Rimini presenta per Crossroads “Sweet Little Mystery”, tributo al cantautore John Martyn, album sottotitolato “Peccatore a tempo pieno e Santo part-time”. L’accompagnano Tony Remy e Tim Cansfield (chitarre), Anders Olinder (pianoforte, tastiere), Henry Thomas (basso) e Martyn Barker (batteria). Occasione per rendere merito alle melodie dello storyteller scozzese, apprezzato per l’uso coloristico dello strumento voce, a un decennio dalla scomparsa. Un “bonvivant” della musica a lungo sottovalutato. Piccolo mistero da svelare.

«L’omaggio a John Martyn - spiega Sarah - è una specie di debito che ci tenevo a rifondere. Parliamo di un artista che seppe creare accordi geniali tra soul e jazz, folk e blues, poco noto alle grandi platee fino a quando non scivolò nella “wave” del pop, dividendo la ribalta con Phil Collins. Belli i loro duetti come “Folk Awards with Phil Collins” e “Ways to Cry”. Fama poi lievitata anche grazie a film musicali come “John Martyn: the Man Upstairs”».

Sarah, il suo canto l’avvicina a Billie Holliday e Sarah Vaughan, con un’estensione di quattro ottave che ricorda Nina Simone. Si rivede in loro? «In parte sì, anche se la mia voce è in realtà “inesperta” visto che non ho mai studiato musica. Il mio canto segue sempre l’istinto di una canzone o di una situazione». Quali le influenze da cui si sente più plasmata? «Sono stata ispirata da molti cantanti nel corso degli anni, ma Nina Simone, Sly Stone, Janis Joplin e Tom Waits restano tutto sommato le influenze più forti».

Che cosa la lega all’Italia? «Da dove comincio? Ci sono venuta per la prima volta nell’80 per unirmi a una band fiorentina, facendo tour e vivendo tra Firenze e Fiesole. Altra tappa nell’ 86 dopo il successo mondiale di “Do not Leave Me This Way”. Tre anni dopo con il primo album da solista ho supportato i “Simply Red”, esibendomi poi su Doc Tv, all'Arena di Verona e al Teatro dell’Opera di Venezia. Nella “mappa” ci sono finita dopo aver vinto Sanremo nel ‘91 con Cocciante (“Se stiamo insieme”). Che cosa rimpiango? La ribalta condivisa con Pino Daniele, con cui ho scritto tre canzoni. Un gran bel cerchio». Ha più sentito Cocciante? «Non l’ho più visto né sentito. Ma quella voce incredibile me la porto dentro». Come vorrebbe essere ricordata dai libri di storia della musica? «Come qualcuno che ha tentato di custodire alcune piccole verità filtrate dalle note, scrivendo e cantando la commedia umana».