Commercio in crisi nera, persi 120 negozi

Tracollo in soli cinque mesi e il peggio deve arrivare. Federmoda: "Situazione non rosea. Rischiano la chiusura molte altre aziende"

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Il commercio è in apnea, e le previsioni non sono affatto rosee. Stando ai dati dell’osservatorio della Camera di Commercio della Romagna, Forlì-Cena e Rimini, dal primo di aprile al 31 agosto, in soli cinque mesi nel riminese si sono perse 121 attività. Di queste 76 nell’ambito del commercio al dettaglio e 45 per l’ingrosso. Nella città di Rimini il saldo negativo tra iscrizioni e cessazioni si ferma a 50. Va pegio nel resto della Provincia dove si arriva a 71. Tutto questo è avvenuto in un periodo in cui storicamente si assisteva a un numero importante di aperture in vista della stagione turistica. "Gli anni della pandemia e l’attuale congiuntura economica con un’inflazione sopra all’8% - spiega Federazione Moda Italia della provincia di Rimini - stanno limitando la vivacità delle nuove aperture che in passato avevano sempre reso positivo il saldo delle imprese attive". Se la stagione turistica ha risollevato il morale di attività ricettive e ristorative, il commercio non ha tirato alcun sospiro di sollievo ed ora viene la parte più difficile. Ci sono diversi indicatori da tenere in considerazione. Tra questi l’inflazione. Tutto è aumentato, ma non i prezzi dell’abbigliamento e calzature. Al contrario nei primi sei mesi di quest’anno i prezzi sono diminuiti dello 0,6%. "In un momento in cui tutto aumenta, dall’energia alle materie prime, l’abbigliamento e le calzature vedono prezzi ancora stabili. Da una parte c’è una domanda di cui si teme una forte contrazione aumentando i prezzi, dall’altra c’è il fatto che i negozianti al dettaglio non stanno sfruttando il treno inflattivo. Avendo ordinato e acquistato le attuali collezioni 8-10 mesi fa ai prezzi di quel periodo, gli aumenti di energia e materie prime che sono esplosi negli ultimi mesi non sono stati ricaricati sul prezzo di cartellino". Fino ad ora i negozianti hanno tenuto duro evitando di fare aumenti, ma quanto potranno andare avanti così? "Il quadro futuro non è roseo. I costi di gestione aumentano, i prezzi di vendita non subiscono variazioni e i margini quindi si assottigliano. Una congiuntura che non può andare avanti a lungo, anche perché veniamo da anni di sofferenza. Il rischio tangibile è la chiusura di molte aziende. I veri effetti del boom di rincari di energia e materie prime sui prezzi di abbigliamento e calzature si rifletteranno però dalla collezione primaveraestate 2023 e allora ci chiediamo quanto costerà al consumatore finale. La più grande preoccupazione è svegliarsi un giorno con costi che non sono accettati dal consumatore, perché troppo alti".

Andrea Oliva