Il killer di Cristina: "Ho un vuoto, non ricordo di averla ammazzata"

Simone Vultaggio è stato ascoltato dal gip e ha riferito di non avere memoria del delitto di cui è accusato. Il 47enne ha addebitato l’amnesia a dei farmaci che gli erano stati prescritti per curare l’insonnia

Migration

Nella sua testa c’è un grande buco nero. Al gip del tribunale di Rimini Raffaella Ceccarelli, ha detto di ricordare perfettamente quella mattina, almeno fino al momento del massacro. Da quell’istante in poi, per Simone Benedetto Vultaggio, sarebbe cominciato il black out. Il vuoto totale. Il 47enne, in carcere ai ‘Casetti’ con l’accusa di omicidio volontario aggravato, sostiene di non conservare alcun ricordo della brutale aggressione ai danni della compagna di 32 anni, Cristina Peroni, che prima avrebbe stordito a colpi di mattarello, e poi ucciso con trenta fendenti di un coltello da filetto, uno dei quali alla giugulare. Un’amnesia che Vultaggio ha addebitato all’uso dei farmaci (degli ansiolitici e antidepressivi leggeri) che gli erano stati prescritti dopo che, circa un mese fa, si era rivolto ad una psichiatra del Centro Servizi Mentali di Rimini per curare l’insonnia di cui affermava di soffrire. Ieri mattina l’uomo, difeso dall’avvocato Alessandro Buzzoni, è stato ascoltato per oltre un’ora e mezza nel corso dell’interrogatorio di garanzia.

Di fronte al gip e al sostituto procuratore Luca Bertuzzi, che coordina l’indagine, il 47enne ha ripercorso, passo dopo passo, l’inizio della sua relazione con Cristina, cominciata nel 2020, nel bel mezzo del lockdown, sui social network, e poi proseguita con una breve convivenza nell’appartamento di via Rastelli, a Rimini. Proprio durante quel periodo era venuto al mondo il figlio della coppia, che oggi ha cinque mesi. Il piccolo era subito diventato motivo di attrito tra i due. "Avevo paura che lei volesse portarmelo via. Diceva di volerlo crescere a Roma, facendosi dare una mano dai genitori. Io le ripetevo di essere il padre, ma lei a volte non me lo faceva nemmeno tenere in braccio".

Qualche mese fa Cristina, insieme al bimbo, aveva fatto ritorno nella capitale, evidentemente intenzionata a tagliare i ponti con il fidanzato: da quel momento in poi Simone aveva provato in tutti i modi a riconquistarla. All’incirca una settimana prima del delitto lei si era fatta convincere ed era tornata a Rimini, in via Rastell. Ma la relazione con Simone sembrava ormai arrivata al capolinea. "Tra di noi non c’era dialogo, continuavamo a litigare in continuazione". L’epilogo sabato scorso, al termine dell’ennesima discussione. La ragazza, ha riferito il 47enne, era in camera da letto con piccolo. "Le ho chiesto di poterlo tenere in braccio. Lei mi ignorava, stava al cellulare, mentre il bimbo intanto piangeva". Da quel momento i ricordi di Vultaggio, almeno stando al suo racconto, si sarebbero interrotti. Ricorda solo di essere uscito di casa, con il piccolo in braccio, subito dopo aver commesso il delitto, trovandosi di fronte i vicini. Momenti che, al contrario del femminicidio, sarebbero ben impressi nella sua memoria. "La nostra era una relazione complicata – ha aggiunto il 47enne – litigavamo spesso, ma non l’avevo mai picchiata". Non è escludo che il suo legale, l’avvocato Buzzoni, nelle prossime settimane possa richiedere che il suo assistito venga sottoposto ad una perizia psichiatrica.

Lorenzo Muccioli