"Il moto passionale non ha inciso nel delitto"

Le motivazioni della Corte d’Appello: confermata la condanna a 30 anni per Michele Castaldo, colpevole dell’omicidio di Olga Matei

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"Il moto passionale non ha inciso nell’omicidio commesso da Michele Castaldo". A questa conclusione è arrivata la Corte di assise di appello di Bologna, che a luglio ha confermato i 30 anni a Michele Castaldo: il 5 ottobre di quattro anni fa l’operaio cesenate uccise a Riccione, strangolandola a mani nude, Olga Matei, la commessa di origine moldava con la quale aveva una relazione da un mese.

Nelle motivazioni dell’appello bis, infatti, viene scritto: "Si deve escludere che il moto passionale che ha pervaso l’imputato al momento del fatto possa aver inciso in modo "necessariamente significativo nella consumazione del delitto. L’appello bis era stato disposto dopo l’annullamento della Cassazione della discussa sentenza che citava la "soverchiante tempesta emotiva" nel concedere le attenuanti generiche e, di conseguenza, ridurre a 16 anni la pena. Un provvedimento che nel 2019 creò un’indignazione generale e fortissime polemiche per quell’espressione, presa da una perizia psichiatrica che tendeva a mitigare le responsabilità di Castaldi. La conferma della sentenza di primo grado a 30 anni era stata chiesta e poi ottenuta nell’appello bis in udienza dal sostituto pg Valter Giovannini. Nelle motivazioni, ora la Corte mette un punto fermo al termine di un lungo ragionamento e di un’analisi specifica anche al vissuto dell’imputato. Si spiega, infatti, che il timore di abbandono che l’uomo diceva di avere, sentimento che "avrebbe concorso a scatenare la ‘tempesta emotiva", espressione presa da una perizia psichiatrica, in realtà, secondo i giudici, "confligge con la sequenza di indicatori di segno opposto provenienti da Castaldo il quale, più volte, si era mostrato pronto a interrompere la relazione". Inoltre, da un lato le precedenti negative esperienze amorose dell’imputato non risultano, per la Corte, avere "connotati di tale traumaticità da determinare", sempre citando la perizia, una "qualsivoglia problematica emotiva che ecceda le comuni reazioni ai ‘life events’ che tutti nel corso della vita possono affrontare, sia per ciò che attiene agli insuccessi amorosi" che per "le conflittualità con il contesto ambientale". Dall’altro la sequenza di circostanze che avrebbero scatenato l’impulso omicida "risultano prive di reale consistenza, così da risultare più un pretesto che una causa determinante dell’azione". Le attenuanti, poi, oltre che per la "tempesta emotiva" erano state concesse anche tenendo conto della confessione e della volontà di risarcire la vittima. Due elementi smontati dalla nuova sentenza. Le dichiarazioni di Castaldo non rivelano infatti, "l’intenzione di liberarsi di un peso insopportabile mettendo a disposizione degli inquirenti la verità tutta intera". Anzi, si nota un "costante mutamento e aggiustamento della versione dei fatti" e un "atteggiamento obliquo e manipolatore". Quanto al risarcimento, si tratta di una "volontà espressa quando ormai era chiaro che egli sarebbe stato chiamato a rispondere del danno cagionato ai familiari della vittima". Ulteriore fattore di segno negativo è, infine, il fatto che Castaldo agì in preda all’alcol.