Omicidio di Rimini, il procuratore: "Non escludiamo la pista dell’odio razziale"

Gli indizi che trapelano dalla Procura per risalire agli autori dell’omicidio del 27enne senegalese Makha Niang. La scientifica a caccia dei proiettili

Gli investigatori hanno fatto nuovi sopralluoghi sulla passeggiata degli Artisti

Gli investigatori hanno fatto nuovi sopralluoghi sulla passeggiata degli Artisti

Rimini, 20 aprile 2018 - Le piste sono tutte aperte. Questi gli unici indizi che trapelano dalla Procura. Le indagini per risalire agli autori dell’omicidio di Niang sono a 360 gradi. Una svolta potrebbe arrivare dai frammenti delle immagini delle telecamere, immagini che sono al vaglio degli inquirenti. Nel video si vedrebbe un uomo sparare da un’auto. E quei frame potrebbero raccontare la ‘verità’ su una vicenda dai contorni ancora oscuri. Nessuna ipotesi è stata archiviata. Compresa quello dell’odio razziale. Ed è la paura più grande che serpeggia tra gli investigatori, il terrore che possa ripetersi un’altra Macerata. Il procuratore capo Elisabetta Melotti si limita a dire: «E’ prematuro fare qualsiasi conclusione, non abbiamo nessun elemento nè che ce lo faccia escludere nè ritenere possibile. Dalla modalità ci fa pensare a un agguato».

Omicidio di Rimini, c'è un video del momento degli spari

La scientifica della polizia di Stato oggi è tornata sulla passeggiata degli Artisti a setacciare le rive del fiume e i lati della strada sterrata che porta al mare, alla ricerca delle ogive, la porzione anteriore dei proiettili di medio calibro, che hanno ucciso Niang. I colpi infatti hanno oltrepassato il corpo e poi con ogni probabilità sono finiti a qualche metro di distanza dalla panchina dove il giovane era seduto in attesa, molto probabilmente di una donna. Che avesse un appuntamento tra l'una e le due di notte, è un dato certo per gli investigatori della Squadra Mobile che collocano l'ora della morte del senegalese in quel lasso di tempo. Cautela da parte degli inquirenti nel legare l'arresto di mercoledì sera nella stessa zona da parte dei carabinieri di due cittadini albanesi per porto illegale di arma da fuoco.

Proprio per fare il punto sulla situazione ieri c’è stato un briefing in Procura «per uno scambio di informazioni» tra gli uomini della Polizia, i carabinieri del Nucleo radiomobile, il sostituto procuratore Paolo Gengarelli e il procuratore capo Elisabetta Melotti. Ma quale sia stato il movente questo resta un vero e proprio mistero. Il ventisettenne senegalese potrebbe essere stato ucciso per il suo colore della pelle, in una sorta di tiro al bersaglio, anche se gli inquirenti sono cauti. Ma potrebbe essere stato ammazzato per aver fatto uno sgarbo a qualcuno, magari all’uomo della donna che avrebbe dovuto incontrare. Non si sa se la misteriosa donna sia legata al mondo della prostituzione. Le attenzioni che Niang le avrebbe rivolto avrebbe potuto scatenare l’ira di qualche compagno o protettore. Ma sono semplici illazioni che, al momento, non trovano riscontro. Gli inquirenti battono anche la pista della ritorsione: il lavapiatti potrebbe essere stato scomodo ‘testimone’ di qualche fatto che non avrebbe dovuto vedere e per questo avrebbe pagato con la vita. E’, invece, completamente esclusa la pista della droga: la vittima era pulita, il suo nome non è mai entrato in nessuna inchiesta, era incensurato. Era un bravo ragazzo, integro, nel corpo e nella mente. Anche l’autopsia l’ha confermato.

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Ed anche per tutta la giornata di ieri sono continuati i sopralluoghi nella zona del ponte di via Coletti da parte della Polizia scientifica alla ricerca delle ogive partite dalla pistola a tamburo che ha ucciso il giovane senegalese. Ma fino alla tarda serata di ieri non c’era stato alcun ritrovamento.