Pojana e i suoi fratelli: la satira è servita

Andrea Pennacchi protagonista al Galli: "Il mio personaggio è nato al bar. È una maschera universale, diversa dalla macchietta"

Pojana e i suoi fratelli: la satira è servita

Pojana e i suoi fratelli: la satira è servita

Pojana e i suoi fratelli si preparano ad inondare il Teatro Galli di Rimini, di carica comica e satirica. L’appuntamento è di quelli ghiotti con un attore, autore e regista dalla grande versatilità e personalità che sa muoversi tra teatro, cinema e televisione: Andrea Pennacchi. Il grande pubblico lo conosce nei panni di personaggi molto diversi: l’investigatore braccio destro di Paola Cortellesi nella serie tv Petra, mite ragioniere delle prime serie del Paradiso delle Signore, fino alla recente miniserie di Netflix, Tutto chiede salvezza. E il Pennacchi autore, regista e attore, porterà al Galli, stasera alle 21, uno dei suoi personaggi di maggiore successo: Pojana, maschera grottesca che ha ottenuto grande popolarità con la presenza fissa nel programma Propaganda Live.

Pennacchi, presentiamo il Pojana a chi non lo conosce.

"Pojana è una maschera universale, molto diversa dalla macchietta. Lui è veneto perché io stesso lo sono, ma potrebbe appartenere anche ad altri luoghi. È un ricco padroncino che dà sfogo, con sguardo scuro e toni per nulla diplomatici, alla sua diffidenza, alle paure e al pregiudizio che lo accompagnano verso chi è diverso e chi sembra attentare alle sue sicurezze".

Come è nato questo personaggio?

"Andando al bar e osservandone il suo microcosmo. Unendo la lettura di Shakespeare e mischiando il tutto, è uscito il Pojana. Poi ho creato i suoi fratelli, personaggi che, ognuno a suo modo, descrivono una realtà veneta, italiana e non solo".

Cosa pensano Pojana e C. della situazione politico-sociale del Paese?

"Pensano male. Non hanno fiducia, sono conservatori, hanno paura del nuovo, amano lo status quo, tipico dell’evasore e del furbetto, non hanno grandi opinioni della società".

Che ruolo ha la musica, in questo spettacolo?

"Un ruolo importante. La musica è un’altra voce del racconto e a volte riesce a spiegare meglio di mille parole. Sono molto fortunato perché i miei compagni di viaggio sono musicisti bravissimi. Giorgio Gobbo è cantautore e Gianluca Segato è un ottimo strumentista".

Che periodo sta attraversando, la cultura, in Italia?

"Apatico. C’è assenza di cultura, di arte, di storia creativa. Certo a livello professionale, per me è una pacchia. C’è tanto materiale su cui ironizzare e riflettere (ride). Ho visto in questi giorni qualche alzata di testa, movimenti importanti che scendono in piazza per difendere i diritti. Questo un po’ mi rincuora".

È stato spesso in Romagna (ad agosto a Santarcangelo con Civati). Che idea ha di Rimini?

"Cinematografica grazie al genio di Fellini, ma vaga. E anche letteraria: ho amici qui, Lia Celi e Andrea Santangelo, due grandi scrittori. Non vedo l’ora di scoprire la vostra città e il Galli che mi dicono sia un gioiello tornato a brillare, questa volta non sotto le bombe ma per lo splendore".

Rosalba Corti