Ristoranti, il piatto piange: "Chiudiamo per protesta"

Gaetano Callà (Fipe) lancia la provocazione: stop per sette giorni "Esercenti alla fame e clienti in fuga, così non si può andare avanti"

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"Costo della farina triplicato, frutta e verdura alle stelle. Per non parlare della stangata delle bollette di luce e gas. È normale che a queste condizioni molti decidano di chiudere bottega durante la settimana, rimanendo aperti solo nel weekend". È un bollettino di guerra quello snocciolato da Gaetano Callà (Fipe - Confcommercio). La fotografia è chiara: con i rincari delle materie prime e la fuga dei clienti, i ristoratori riminesi sono costretti a fare la fame. Risultato: dal lunedì al giovedì trovare un locale aperto a pranzo o cena è diventata una missione quasi impossibile. Va meglio nel fine settimana, "ma se non riusciamo a invertire questa tendenza, l’orizzonte potrebbe farsi molto nero per il settore". Il presidente provinciale di Fipe lancia una proposta, sulla scorta di quanto attuato ieri in tutta Italia dalla rete Tni con l’iniziativa Blackoutdinner. "Forse – è la sua provocazione – tutti i locali dovrebbero impegnarsi a rimanere chiusi e spegnere le luci per una settimana intera. Sarebbe un gesto forte, e so che molti non saranno d’accordo, ma vorrebbe dire far capire cosa significa lasciare abbandonati a loro stessi alcuni angoli della nostra città, che senza il dinamismo dei locali sarebbero letteralmente morti".

"Per fortuna – osserva Callà – molti esercenti hanno lavorato bene in estate, altrimenti non riuscirebbero in questa fase a rimanere a galla. Tra restrizioni legate al Covid, quarantene e la paura del virus, le tavole rimangono vuote e i clienti, in alcuni casi, si contano sulle dita di una mano". Il gioco non vale la candela, insomma, e così "un buon 80 per cento di locali sceglie di rimanere chiuso durante la settimana, preferendo puntare tutto sul weekend, quando ancora c’è un po’ di movimento, limitando le spese laddove possibile". Del resto i ristoratori non possono fare diversamente, visto il caro-bollette. "Gli aumenti – aggiunge Callà – rischiano di mettere in ginocchio tante imprese. C’è chi, tra utenze, rifiuti e altro, è passato da una spesa di 3mila euro al mese ad oltre 10mila. Mazzate insostenibili per la maggior parte degli operatori. A ciò si aggiungono poi i rincari delle materie prime, che stanno avendo effetti devastanti sull’industria della ristorazione".

Lorenzo Muccioli