Cattolica, schiaffo al figlio che fuma lo spinello. I carabinieri lo denunciano

Il 15enne era stato sorpreso al parco e condotto in caserma

Il padre sgrida il figlio

Il padre sgrida il figlio

Cattolica (Rimini), 24 giugno 2018 - Ha dato uno schiaffo al figlio quindicenne dopo che il ragazzino era stato sorpreso dai carabinieri mentre fumava uno spinello in un parco di Cattolica. Ma quel ceffone, rifilato in caserna, davanti ad un sottufficiale dell’Arma, per mettere in riga il ‘pargolo’ adolescente, gli è costato una bella denuncia. A finire nei guai è stato proprio il padre, ristoratore di 40 anni di Cattolica (difeso dall’avvocato Alessandro Totti) che si è ritrovato sul groppone una denuncia per abuso dei mezzi di correzione. Ed ora si ritrova nel registro degli indagati.

«Non sono mai stato un padre violento e mai lo sarò – si sfoga il ristoratore al telefono –, il mio era uno schiaffo educativo. Io voglio che mio figlio stia lontano dalle schifezze di questa nostra vita. Ho già avuto i miei guai con suo fratello, il mio primogenito, e tutto per delle compagnie sbagliate. Il mio è stato un gesto di delusione, era solo per fargli capire che aveva commesso un errore. Non aveva nessun segno, i miei figli sono la mia vita».

Il quindicenne, un paio di giorni fa, era stato sorpreso dai carabinieri a fumare uno spinello in un parco. Dopo essere stato accompagnato in caserma per l’identificazione e l’eventuale segnalazione amministrativa, il ragazzino aveva telefonato al padre. «Mi è preso un colpo quando mi ha chiamato dicendomi che era in caserma dai carabinieri – spiega il ristoratore –. Avevo il cuore a mille. Quando i carabinieri mi hanno raccontato quello che era accaduto, mi sono rivolto verso mio figlio e gli ho dato uno schiaffo. Niente di violento, era un gesto che voleva avere un significato educativo, quello che manca oggigiorno. Io ne ho prese così tante da mia madre. Io l’ho fatto per correggere mio figlio, per fargli capire che era sbagliato quello che aveva fatto. Certe bambinate si pagano poi tutta la vita».

Il papà indagato è amareggiato: «Se ho sbagliato, è giusto che io paghi, ma, per il bene di mio figlio, lo rifarei. A me interessa che non finisca nei guai, che abbia il meglio della vita e che non se la rovini a causa di amici sbagliati».