Sids: morte in culla a Rimini. "Ora vivo per il fratello"

Il papà del bimbo di 4 mesi: "Ringrazio i medici che hanno cercato di restituirmi il mio piccolo"

Il personale sanitario ha tentato in tutti i modi di rianimare il piccolo di quattro mesi

Il personale sanitario ha tentato in tutti i modi di rianimare il piccolo di quattro mesi

Rimini, 30 novembre 2020 - Nicholas non c’è più. E’ volato via, in cielo. All’improvviso. Come solo gli angeli sanno fare. E lui, un angelo, lo è diventato davvero. Nicholas è morto giovedì mattina, a quattro mesi, nella sua culla a Marebello, vittima di quella che sembra essere la ’Sids’, la sindrome improvvisa della morte in culla del lattante, più conosciuta come morte bianca o in culla. Una tragedia immensa che ha gettato nel dolore più atroce e inconsolabile la sua famiglia, i suoi nonni, zii, cugini, ma soprattutto i suoi genitori ed anche suo fratello.

Tra le lacrime, ma con una grande forza d’animo, a raccontare Nicholas è proprio il suo padre, un imprenditore riminese. "Ho sempre voluto avere un figlio e ho dovuto lottare contro tutto e contro tutti – esordisce – Così sono andato all’estero per poter averne uno". E il riminese ha fatto tutto da solo, lontano da Rimini. E tredici mesi fa, dopo tanta attesa, è arrivata la notizia: "Avrei avuto non uno, ma due figli", spiega ancora il riminese. Ma nessuno avrebbe mai potuto prevedere che di lì a poco sarebbe scoppiata una pandemia mondiale a causa del coronavirus. "Sarei dovuto partire a un mese prima della nascita dei bambini, invece è rimasto tutto bloccato", racconta l’imprenditore.

E il 22 luglio scorso, lontano da Rimini. sono venuti alla luce i due gemellini. "Non ho potuto vederli subito, non mi era concesso di partire per il Covid - spiega ancora il riminese - il 4 settembre ho abbracciato i miei bambini. Il 24 settembre, da solo, sono tornato con Nicholas e suo fratello qui a Rimini". Il suo sogno di essere padre si era realizzato e una vita a quattro, con il suo compagno, era iniziata. Tutto perfetto fino a quel maledetto giovedì mattina.

"Io ero a casa con i bimbi, avevano mangiato, ma Nicholas si lamentava – spega l’imprenditore –. Lo avevo messo a dormire e dopo poco, si era tranquillizzato. Lo andavo sempre a controllare, ero ossessionato, mi svegliavo persino la notte per assicurarmi che i due gemellini stessero bene. Vedevo che respirava. Poi sono andato a vedere ancora e l’ho toccato. Non si muoveva, il volto era caldo, ma le manine erano di ghiaccio. Ho capito subito che era morto, ho quasi buttato giù la porta della mia vicina per chiedere aiuto, ma io sapevo, dentro di me, che qualcosa di terribile era accaduto".

Il pianto prende il sopravvento, il dolore squarcia il cuore. "E’ arrivata l’ambulanza, i soccorritori hanno fatto di tutto per rianimarlo, poi hanno trasportato Nicholas al pronto soccorso. Io voglio ringraziare tutti, per il tempestivo intervento per la professionalità, la dolcezza e la tenacia con la quale hanno tentato di restituirmi mio figlio. Grazie perchè ci hanno provato fino all’ultimo e hanno sperato con me nel rivederlo aprire gli occhi. Grazie dal profondo della mia anima". Ma Nicholas era volato in cielo, tra gli angeli. "Tutto il personale dell’ospedale che ci ha assistito è stato fantastico, hanno subito preso in carico l’altro mio figlio, l’hanno controllato per scongiurare qualsiasi anoma lia. Non so come ringraziarli, li avrei stretti a me. Così come voglio ringraziare la mia famiglia che mi sta vicino e gli amici che mi stanno dando le parole giuste per guardare l’orizzonte".

Resta un dolore però che non avrà mai fine: "Nonostante tutto, non posso odiare il mio Dio che mi ha dato la possibilità di essere padre e che mi ha donato questi due bambini. Ora devo andare avanti. Nicholas, caro angelo mio, ci rivedremo nel tuo paradiso".