Tangentopoli, processi a rischio prescrizione

I magistrati sammarinesi denunciano l’ingerenza politica sul lavoro del Tribunale e sulla democrazia dell’intero Paese.

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"La maggioranza dei giudici di San Marino denuncia un’emergenza democratica in atto, puntando il dito su gravi ingerenze nell’amministrazione della giustizia nella Repubblica a tutti i livelli: non possiamo con il nostro silenzio avallare ciò che sta accadendo". È il grido di allarme dei magistrati di San Marino, che hanno firmato un comunicato stampa, che suona come un j’accuse all’attuale classe politica al potere sul Titano.

Sono nove i giudici che hanno firmato l’accorato appello: Roberto Battaglino, David Brunelli, Alberto Buriani, Francesco Caprioli, Laura di Bona, Andrea Morrone, Massimiliano Simoncini, Ferdiando Treggeri, Antonella Volpinari. Tutti magistrati inquirenti che hanno lavorato e stanno lavorando a inchieste di rilevanza anche internazionale e che hanno addirittura messo in discussione decenni di gestione politico-economico-finanziaria del Paese. Una per tutte l’inchiesta denominata ’Conto Mazzini’, il cui processo è iniziato nell’ottobre 2015, per arrivare alla sentenza di primo grado nel giugno 2017, prununciata dal giudice Gilberto Felici: ventidue condanne e quattro assoluzioni che riguardavano anche ex segretari di Stato. Il 4 luglio scorso c’è stata la prima udienza del processo d’Appello che si sarebbe dovuta svolgere il 14 maggio, ma che l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ha fatto slittare e costretto a scegliere una sede in grado di contenere almeno 80 persone (il teatro Concordia). E qui arriva un altro dei grandi timori dei giudici: che questo gigantesco processo, non a caso denominato anche la ’tangentopoli sammarinese’ per le incredibili somme di denaro che, lungo gli anni, sarebbero state movimentate (si parla di centinaia di milioni di euro) possa bloccarsi o addiritura cadere in prescrizione.

Il motivo, denunciato dai togati, sta nella decisione presa nel corso di una sola notte, venerdì 24 luglio, quando tutto il lavoro del tribunale unico di San Marino è stato riorganizzato, di fatto togliendo i fascicoli ai magistrati titolari per passarli ad altri.

Il tutto è stato deliberato nel corso "del Consiglio Giudiziario, che si è tenuto nonostante la scelta motivata e formalmente annunciata della gran parte dei togati del Consiglio di non parteciparvi – denunciano i nove magistrati – e nonostante apparenti difetti di costituzione dell’organo stesso, nel quale, con il voto favorevole di sette politici della maggioranza e, parrebbe, di soli tre giudici (dunque con il voto di appena dieci dei 23 membri che compongono il Consiglio), si è provveduto all’annullamento d’ufficio per interesse pubblico di alcune deliberazioni". E, prosegue la denuncia, "è stato ripristinato nella propria funzione dirigenziale il magistrato Valeria Pierfelici ed è cessato l’incarico del professor Giovanni Guzzetta. Il tutto, asseritamente, per ripristina le condizioni di legalità".

La spiegazione di tale rivoluzione sarebbe quella di alleggerire il lavoro dei magistrati e ridistribuirlo, ma i giudici non ci stanno: nessuno avrebbe annunciato di voler abbandonare le inchieste che stanno seguendo da anni e denunciano l’azione intrapresa come un intervento di "profonda revisione delle competenze di tutti i giudici, incidendo sui procedimenti in corso anche di natura penale". E sottolineano come sia stata "stravolta l’organizzazione del tribunale e il lavoro dei giudici, scrivendo la pagina più nera della storia giudiziaria della Repubblica".

I magistrati hanno già inviato anche al Consiglio d’Europa una lettera in cui parlano di un vero e proprio attentato alla libertà della magistratura sammarinese.

Monica Raschi