Riminese perseguitata dai Testimoni di Geova

La donna era uscita dalla congregazione, aperta un’inchiesta per stalking. I rappresentanti della confessione: "Volevamo recuperare una pecora smarrita"

Testimoni di Geova

Testimoni di Geova

Rimini, 5 luglio 2019 - Prima perseguitata e poi isolata dai Testimoni di Geova perchè ha deciso di lasciare la congregazione. La donna, una 50enne riminese, ora si trova isolata da tutti: amici e parenti. Alla fine ha deciso di presentare una denuncia, e la Procura ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di reato di stalking. Per ora il fascicolo è a carico di ignoti, ma le indagini potrebbero presto portare a mettere nero su bianco nomi e cognomi. «Da quel momento – dice la donna – amici e parenti non mi rivolgono nemmeno più la parola».

Una vicenda umana che si era consumata in silenzio, fino a quando la donna non si è trovata tutte le porte sbattute in faccia. Era il 1994, quando lei e il marito avevano cominciato a frequentare una congregazione dei Testimoni di Geova del Riminese. Con tutto quello che questo comportava, vale a dire regole feree per ogni aspetto della vita. L’anno scorso però, la donna ha deciso che non poteva più frequentare la congregazione per «scelte personali». Ma se pensava di potersi allontanare con tanta facilità, ha scoperto presto che si sbagliava di grosso. Andarsene era tutt’altro che facile, e da quel momento, secondo il racconto fatto agli investigatori, la sua vita quotidiana è diventata un tormento.

La congregazione non aveva accettato per niente la sua decisione di allontanarsi, ed erano cominciate le telefonate. Chiamate contiue, ha raccontato, per tentare diconvincerla a tornare ‘dentro’. Lei però aveva preso ormai la sua decisione, ma nonostante avesse spiegato che non poteva revocare la sua scelta, le chiamate erano diventate via via sempre più frequenti, così come le visite improvvisate dei testimoni che andavano a bussare alla sua porta. Nonostante la donna continuasse a rifiutarsi di parlare con loro, questi non demordevano. Al punto che non riuscendo a incontrare lei, avevano cominciato a fare pressioni sul marito, il quale anche lui aveva cominciato via via a prendere le distanze da una situazione che, dicono, era ormai sfociata in una vera e propria persecuzione che li costringeva a chiudere loro la porta in faccia, ogni volta che si presentavano a casa.

Esasperata, la 50enne aveva deciso di rivolgersi al suo avvocato, Luigia Sagliocca, la quale aveva mandato una diffida alla congregazione, di far cessare la persecuzione e di non divulgare i dati personali della sua assistita. La risposta della congrezione non si era fatta attendere: gli anzani l’avevano espulsa. Con una raccomandata, veniva informata che, con riferimento alle Scritture, «è stata presa la decisione di non considerarti più parte del popolo di Geova». Ne era seguito un vero e proprio annuncio pubblico che aveva fatto il giro di tutta la congregazione, con il risultato che l’epulsa era stata completamente isolata. «Tale annuncio – dice la donna – ha comportato per me la completa interruzione di ogni contatto con amici e familiari che hanno smesso di rivolgermi la parola, arrivando a cambiare strada quando mi vedono, in ossequio a quanto impartito loro dalla congregazione».

La replica

«Nessuna persecuzione nei confronti della donna che ha lasciato la congregazione». I Testimoni di Geova replicano alla signora che ha denunciato di essere stata vittima di stalking da parte di amici e parenti per aver lasciato la confessione religiosa dopo 24 anni. «Quando cercano di recuperare una ‘pecora smarrita’ che, nonostante l’amorevole aiuto offertole, è determinata a vivere in contrasto con i valori della confessione, i Testimoni di Geova si vedono costretti a prenderne rispettosamente le distanze. Tuttavia saranno sempre disponibili a riaccoglierla qualora si ravvedesse» spiega la congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova. «L’assenza di qualsiasi profilo discriminatorio nel comportamento dei Testimoni di Geova nei confronti dei fuoriusciti è stata ribadita nuovamente – per l’ennesima volta – da una sentenza dalla Corte di Cassazione del 2017».