Rimini, espulsi due finti turisti bloccati davanti al Grand Hotel

Gli algerini venivano in treno da Parigi: mai un controllo fino a Rimini

I due finti turisti sospetti fermati dalla polizia (foto Migliorini)

I due finti turisti sospetti fermati dalla polizia (foto Migliorini)

Rimini, 22 agosto 2017 - Si sono finti turisti francesi, tutti intenti ad ammirare il Grand hotel di Rimini, uno degli obiettivi sensibili della città dove, in questi giorni sono alloggiati molti ospiti del Meeting. Ma quella giustificazione non ha convinto gli agenti di Polizia che sabato scorso li ha controllati. I due giovani, di origine magrebina, prima hanno fornito false generalità, appunto spacciandosi per parigini. Poi è emerso che uno, un trentenne, aveva un passaporto algerino con visto di soggiorno scaduto e già gravato da un decreto di espulsione dalla Francia.

L’altro, un 27enne, anche lui algerino, non aveva con sè nessun documento, ed è risultato completamente sconosciuto ai terminali non solo italiani, ma persino dell’Interpol. Da qui l’arresto per false generalità a pubblico ufficiale. Ma il sospetto che aleggia su di loro è che possano avere legami con l’estremismo islamico.

Terrorismo, incubo lupi solitari

«Una presenza distonica», è stata definita la loro comparsa in città dagli investigatori riminesi che di più non si sbilanciano. Per questo motivo è scattato, per i due giovani algerini, il decreto di espulsione firmato dal questore di Rimini, Maurizio Improta dopo aver ricevuto il nulla osta del pubblico ministero, Davide Ercolani, titolare dell’inchiesta. I due (assistiti rispettivamente dagli avvocati Roberto Urbinati e Massimo Moraccini) davanti al giudice per il processo per direttissima hanno patteggiato nove e dieci mesi.

Poi sono stati accompagnati al Centro di identificazione di Torino dove resteranno per un mese per ulteriori accertamenti per essere successivamente espulsi verso l’Algeria. Durante il processo i due hanno raccontato di essere partiti in treno da una banlieue di Parigi, destinazione prima Milano, poi Bologna e poi a Rimini. Nessuno, però, li ha controllati fino a Rimini nel loro lungo viaggio che li ha portati da Aubervilliers, il sobborgo a nord est di Parigi, ad alto tasso di presenza magrebina, dove a metà giugno una rapina è finita con un attacco incendiario a dir poco sospetto. A fermarli per primo è stato un controllore della Start che, trovandoli, senza biglietto li ha multati. «Siamo venuti in vacanza a Rimini», hanno raccontato in arabo in tribunale.

Nei loro zaini, però, i poliziotti non hanno trovato abiti da vacanza, ma solo un paio di indumenti intimi, qualche centinaia di euro a testa e due telefoni. E proprio sui telefoni, che adesso sono già in mano agli uomini della Digos e dell’Antiterrorismo, si concentrano tutte le analisi e le indagini. Si vuole risalire ai contatti che i due hanno avuto di recente, soprattutto analizzando le chat di Whatsapp e Telegram. I due algerini potrebbero essere arrivati a Rimini per incontrare qualcuno, ospiti di qualche connazionale già integrato in città. «Ma perchè avete dato generalità false alla Polizia visto il clima generale che c’è?», ha chiesto loro il giudice, ma i due algerini non hanno risposto, continuando a mantenere quell’atteggiamento di sfida che avevano avuto sin dal loro arresto.