Rimini, suicida per debiti: usuraio condannato

Quattro anni e 8 mesi ad un pregiudicato napoletano che con le sue minacce avrebbe spinto all’estremo gesto un padre di famiglia

Il pubblico ministero Luca Bertuzzi (a destra nella foto) ha coordinato le indagini

Il pubblico ministero Luca Bertuzzi (a destra nella foto) ha coordinato le indagini

Rimini, 19 settembre 2021 - Quel giorno il suo cellulare aveva squillato per ben 58 volte. All’altro capo del telefono c’era l’uomo che poche settimane prima gli aveva prestato a strozzo 5mila euro e che da allora non aveva mai smesso di tormentarlo. Sopraffatto dalla vergogna per quel debito impossibile da estinguere, un uomo di 41 anni, padre di tre figli, aveva così deciso di togliersi la vita, buttandosi sotto un treno.

A distanza di tre anni da quella tragedia, il tribunale di Rimini ha condannato un 30enne, Luca Festinese (il quale dal 2018 si trova in carcere a Poggioreale), alla pena di quattro anni e 8 mesi, più al pagamento di una somma di 4mila euro. Gli avvocati della difesa, Antonella Genovino e Massimiliano Orrù, avevano chiesto il rito abbreviato. Le accuse nei suoi confronti andavano dall’usura all’estorsione, da lesioni personali aggravate alla morte come conseguenza dei delitti di usura ed estorsione. Le indagini e l’inchiesta sono state coordinate dal pubblico ministero Luca Bertuzzi della procura di Rimini

. A mettere gli investigatori della Squadra mobile sulle tracce di Festinese era stata una scritta, ritrovata su una foto dei figli dell’uomo che l’11 maggio si era gettato sotto il treno. Un messaggio dove chiede perdono ai suoi "angeli" per non riuscire a sopportare il peso della vergogna. Gli agenti non ci mettono molto a scoprire che la vittima era completamente in balia di un giovane. Un pregiudicato napoletano, a cui si era rivolto per un prestito di 5mila euro. Navigava in cattive acque e la perdita del lavoro gli aveva dato il colpo di grazia. Come spesso accade, si era affidato ingenuamente alla ‘fortuna’, tra scommesse e gratta e vinci. L’unico modo per peggiorare la situazione, e per finire fra le grinfie di Festinese.

Di testimoni ce ne sono a bizzeffe, inclusa la madre della vittima, affrontata e minacciata dall’usuraio che voleva i suoi soldi. Lievitati con interessi calcolati fino raggiungere tassi talmente iniqui da non lasciare speranza. Lo strozzino tempestava l’uomo di telefonate (oltre 600 nell’arco di pochi mesi), agguati, minacce, alludendo perfido ai figli piccoli. Mentre l’uno diventava sempre più feroce, l’altro toccava il fondo della disperazione. L’avvocato della difesa, Massimiliano Orrù, ha già annunciato di voler presentare ricorso. "Crediamo che alcuni dei capi di imputazione siano in contraddizione tra di loro – spiega il legale – e cercheremo di dimostrarlo in sede di appello. Nel frattempo attendiamo di conoscere le motivazioni del giudice".