Rimini, vendite piramidali di integratori: 13 indagati

Operazione della Guardia di Finanza, sequestrati 7,3 milioni. La società era già finita nel mirino di Striscia la Notizia

Operazione della Guardia di Finanza a Rimini

Operazione della Guardia di Finanza a Rimini

Rimini, 10 maggio 2022 - Tredici indagati e oltre 7 milioni di euro sequestrati dalla Guardia di Finanza di Rimini che ha smantellato un sistema di vendita piramidale di integratori alimentari basato sul reclutamento di nuovi clienti-venditori, in violazione della normativa italiana. 

Vendita piramidale, Fabio Bollini tra gli indagati a Rimini

L'attività, che si trova nella fase delle indagini preliminari, è stata diretta e coordinata dalla Procura e ha permesso di individuare nel territorio riminese l'apice della rete di vendita di una società, avente formalmente sede a Milano e operante nel settore delle vendite ''porta a porta'', la quale commercializzava i prodotti del proprio gruppo multinazionale (integratori alimentari) sull'intero territorio nazionale. Sono stati così denunciate 13 persone quali figure apicali della struttura di vendita piramidale e proposto, nei loro confronti, il sequestro preventivo ai fini della confisca, del profitto illecito quantificato in oltre 7,3 milioni di euro.

Degli indagati, tutti incensurati, due sono cittadini sammarinesi, uno romano, uno foggiano e gli altri romagnoli (Rimini, Pesaro, Cesena). Il Gip riminese, in accoglimento della proposta avallata dalla Procura della Repubblica, ha disposto il sequestro ora in esecuzione mediante l'aggressione patrimoniale di immobili e disponibilità finanziarie, fanno sapere le Fiamme Gialle in una nota.

Nel dettaglio la società,  che nel 2020 fu anche al centro di un servizio tv di 'Striscia la notizia', commercializzava nel territorio italiano i prodotti della capogruppo statunitense, acquistandoli - come predeterminato nella pianificazione fiscale per l'area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) - dalla sua diretta controllante olandese. 

Le vendite ai consumatori finali nazionali, in considerazione del precedente acquisto intracomunitario, generavano in capo ad essa un ingente debito IVA, mai versato nelle casse dell'Erario.

In provincia di Rimini si era instaurato il primo nucleo di incaricati alle vendite (promoter) dell'impresa: i leader fondatori della rete di vendita hanno cominciato l'attività di affiliazione e reclutamento che li ha portati a gestire, nel complesso, una struttura piramidale composta da oltre 10.000 persone. Tra queste migliaia figuravano sia persone in cerca di prima occupazione, e che hanno investito - depauperandoli - i propri risparmi per inseguire il sogno di scalare la gerarchia della struttura di vendite, sia persone che, illuse dal progetto, hanno addirittura abbandonato la precedente attività lavorativa; sono loro le reali parti offese del sodalizio criminale, spesso anche inconsapevolmente.

Il reclutamento avveniva sui social network, attraverso piattaforme digitali, ma principalmente nel corso di eventi in presenza e in grande stile presso strutture molto appariscenti e famose come palasport e aree meeting di grandi alberghi, nei principali capoluoghi e della capitale. Nel corso di tali incontri i vertici descrivevano il proprio successo e quello degli ''ambassador'', soggetti che da zero e in poco tempo erano riusciti a scalare la struttura arrivandone all'apice, delineando e descrivendo le metodologie di ricerca di nuovi ''adepti'' e i risultati economici cui, di conseguenza, era possibile giungere. 

 Le quote di adesione allo 'schema' andavano da 500 a mille euro. "La vendita piramidale, conosciuta anche come 'catena di S. Antonio' o 'schema Ponzi' non è una tipologia di distribuzione, ma un meccanismo per vendere una posizione all'interno della struttura stessa - ha spiegato il colonnello Alessandro Coscarelli, comandante provinciale GdF di Rimini - Il sistema quindi ingenera false speranze di guadagno in coloro che entrano nella struttura di vendita. Inoltre il pagamento di una quota iniziale, tendenzialmente elevata e sproporzionata rispetto al valore del bene acquistato, si riconnette alla possibilità di guadagno mediante il reclutamento di nuovi membri e una provvigione sulle loro vendite. Il disvalore dell'attività oggetto dell'operazione odierna consiste anche nella mancanza di consapevolezza del rischio assunto da chi aderisce alla piramide: vere e proprie azioni di proselitismo che talvolta sfociano in operazioni di 'brainwashing' e impediscono di comprendere la natura dell'accordo. I mezzi di diffusione principali sono il passaparola, la rete familiare e amicale nonché i social network. Il risultato di oggi si colloca nell'azione sociale svolta dal corpo a tutela di vittime inconsapevoli di sistemi che inquinano la correttezza e la trasparenza dei mercati".