Rovigo, medico in pensione pagato a gettone

Sono una ventina all’Ulss 5, Emilio Ramazzina è tra i disponibili

Emilio Ramazzina, medico in pensione, pronto a tornare in corsia  (Foto Donzelli)

Emilio Ramazzina, medico in pensione, pronto a tornare in corsia (Foto Donzelli)

Rovigo, 24 gennaio 2019 - Pagati anche 60 euro all’ora tornano in corsia. Ogni anno se ne vanno tanti medici, senza essere sostituiti. Li chiamano «gettonisti» e sono medici che corrono in soccorso dei reparti ospedalieri, svuotati dalle carenze di organico. Molti sono pensinati. All’Ulss 5 che raggruppa gli ospedali di Rovigo, Adria e Trecenta, i gettonisti pensonati sono una ventina i reclutati tra anestesisti, pneumologi, internisti, medici di pronto soccorso, ematologi e oncologi, come conferma il direttore sanitario, Antonio Compostella. «Li stiamo usando anche noi con un incarico da liberi professionisti a gettone – afferma Compostella – il medico che va in pensione può svolgere la libera professione. L’azienda fa un bando in cui chiede la disponibilità. I contratti però possono essere siglati motivando l’impossibilità di reperire personale attraverso i concorsi, esistendo quindi il rischio di interruzione dell’attività , devono esserci delle motivazioni valide». Emilio Ramazzina, 64 anni, è nella lista dei papabili alla chiamata. E’ stato primario dei due reparti di Medicina negli ospedali di Rovigo e Trecenta e poi direttore del dipartimento di Medicina.

E’ andato in pensione da meno di un anno. Che effetto le farebbe tornare in campo?

«Chiaro – risponde Ramazzina – che uno si rende conto delle difficoltà per la carenza di medici specialisti, che la situazione è legata a diverse criticità vedi la programmazione sbagliata nelle scuole di specializzazione e il mancato rinnovo del contrato nazionale per la dirigenza medica. Problemi di sistema, ma è evidente che può esserci anche una criticità locale».

Quindi la risposta alla chiamata sarebbe affermativa?

«A me piacerebbe essere richiamato perché mi piace il lavoro che ho fatto per 40 anni con passione. Potrei essere impiegato nei settori della Medicina interna, dell’ematologia e dell’oncologia. Lo ritengo un fatto positivo essendo consapevole che il ritorno in campo non sarebbe col ruolo che avevo in precedenza, ma offrendo alcune specialità professionali che possono essere temporaneamente integrate nell’attività dell’azienda».

Prima di uscire c’erano già i sintomi di questa crisi in corsia?

«Sì, certe figure professionali erano difficili da trovare, pneumologi in particolare, già allora c’era carenza di medici al pronto soccorso, di anestesisti, di medici in terapia intensiva. Adesso la carenza riguarda anche internisti, geriatri e oncologi, i vuoti si sono allargati».

Perché si è arrivati a questo?

«Il problema è l’imbuto delle scuole di specializzazione, per fare i concorsi bisogna essere specializzati. Quando io mi sono laureato c’era solo il tirocinio che durava sei mesi e superato quello si poteva partecipare ai concorsi ospedalieri».

In questo ritorno in campo non si sentirebbe un ‘tappabuco’?

«No, assolutamente. Per me conta la passione. Con 60 euro lorde all’ora infatti l’aspetto economico passa in secondo piano».